mercoledì 20 gennaio 2010

Insonnia

Base stellare 268, notte prima dell'imbarco

D'improvviso, Hunt decise di alzarsi. Spogliò la sedia accanto al suo letto dell'uniforme e di un lungo soprabito azzurro che da un paio d'anni aveva preso l'abitudine di indossare. Il soprabito era stato appena ritirato dalla lavanderia e profumava di lavanda. Sul comodino di fronte a lui i gradi di tenente comandante, che si appuntò al colletto. C'erano voluti anni per riaverli, ed anche se la stragrande maggioranza dei suoi ex compagni d'accademia ormai avevano gradi ed incarichi ben più alti e ben più prestigiosi dei suoi, non gli importava.
Sbucò sulla passeggiata e non poté fare a meno di fissare il suo riflesso lungo le vetrate panoramiche che davano sul freddo vuoto interstellare. Considerò che il panorama di una base stellare era fin troppo monotono, non era quello cui era abituato, non era neanche lontanamente paragonabile a quello godibile dal bar di prora di una nave stellare a velocità curvatura.
Nonostante l'ora, qualche altro passante lo incrociò, il che non era insolito. Qualche ufficiale di turno, un paio di innamorati allacciati ed a prima vista desiderosi di intimità... solo dopo averli urtati tutti si accorse del ritmo nevrotico del suo incedere e del latinum dimenticato in camera. All'ennesimo urto gli si indolenzì la coscia destra, mentre imprecava tra se e se di essere completamente al verde.
Era appoggiato ad una paratia intento a massaggiarsi il muscolo indolenzito quando vide dei capelli luminosi e scuri volteggiare sul capo di una donna che entrava nel bar della stazione. Istintivamente riprese a muoversi, rapito in un inseguimento del tutto improvviso. L'entrata era libera e si catapultò subito nella penombra del locale cercando la chioma con lo sguardo. Il bar non era dei più grandi, le luci erano basse e la maggior parte dei tavolini erano vuoti sebbene non si notasse per via del buio. Su di un improvvisato palchetto trionfavano un paio di luci fioche e l'entrata di Hunt coincise quella di una donna sul palco. Non era quella che aveva visto entrare, aveva un visino esile ed il collo lungo evidenziato dalla scollatura prominente del vestito, un abito sintetico che rifletteva le deboli luci del locale ad ogni suo minimo movimento, donandole riflessi scuri come quelli del vuoto interstellare. Subito dopo di lei presero posto sul palco un paio di umanoidi, che iniziarono a montare la loro strumentazione.
Hunt continuava imperterrito a fissare la donna quando gli si affiancò un cameriere scocciato con un neo enorme sulla guancia. Hunt pensò che fosse la caricatura ferengi di Marylin Monroe. Gli chiese con tono spento e stridulo se voleva accomodarsi, Hunt rispose di sì con un cenno del capo e prese posto su un lato della prima fila. Gli tornò in mente di non avere latinum e cominciò a frugarsi le tasche in cerca di fortuna. Trovò una miseria. Mentre l'offesa vivente di Marylin gli esponeva il menu la donna iniziò il suo spettacolo, allietando la pur piccola platea. Una voce scura, profonda, impalpabile. I suoi occhi scuri ora scoperti dalla frangia cercavano il vuoto mentre accordava parole insignificanti di presentazione. Il bassista partì suonando un vecchio motivetto terrestre che Hunt non sentiva da molto, ed il cameriere insistè costringendolo ad ordinare. Tutto quello che il dottore poteva permettersi di prendere era un contorno, "l'insalatina dietetica della casa".
Il ferengi annotò l'ordinazione con aria infastidita, ed il dottore si ritrovò dopo poco a mangiare un'insalata dietetica servita dal cameriere più brutto della galassia davanti a un complessino blues che stava trucidando More than you know, uno dei suoi prezzi preferiti. Rimase deluso persino dall'interpretazione della cantante, che non aveva la voce idonea per una canzone del genere. Tuttavia lo consolò la visione di una venere curva su uno sgabello nella penombra.
Tracce della chioma, a vista, non ce n'erano.
Annoiato e intristito dal susseguirsi di pezzi mal eseguiti, ma non per questo stanco o assonnato, Hunt sperava in una fine veloce dell'esibizione. L'insalata poi, gli sembrava che avesse lo stesso sapore del cameriere, ma forse era solo la sua immaginazione.
L'ultimo accordo del bassista risuonò come una liberazione. La cantante ringraziò e sgattaiolò fuori, ed anche Hunt la seguì. Il medico la trovò appoggiata ad una delle vetrate panoramiche, senza soprabito, a bere un cocktail che non sembrava essere fatto di alcol sintetico. Stanca ed infreddolita per il contatto della pelle con il vetro, la ragazza tremò in un brivido.
Hunt si avvicinò porgendole il suo soprabito appena lavato. Lei lo accettò accennando un sorriso amaro. "Ha un buon odore".
"Sì, è il detersivo che usano su questa base", rispose il dottore, rendendosi conto subito dopo del fantastico concetto che era riuscito ad esprimere. Come prima frase da dire ad una donna non c'è male, mormorò tra sé e sé.
Lei sorrise appena, stuzzicata da quello strano modo di fare. Lo squadrò per un attimo. "Ma chi sei?".
Non seppe risponderle, forse per la prima volta nella sua vita non sapeva cosa dire ad una donna che lo studiava con gli occhi, incuriosita.
Ryo si sentiva terribilmente impacciato e vuoto quella notte.
"Beh, non importa. Ora vado. Tieni pure il soprabito".
Mentre accennava ad andarsene rimase sorpreso dalla reazione della donna, che annuì senza rispondere in alcun modo.
Hunt si allontanò senza voltarsi, mentre con un gesto secco lei alzava il bavero del soprabito per proteggersi il collo lungo e scoperto.
Decise di tornare nel suo alloggio mentre le ombre avvolgevano il suo nulla. Già, nulla. All'indomani una nuova nave, un nuovo incarico. E poi nulla. Cosa gli era rimasto? Niente amici, niente famiglia, niente carriera e, strano a dirsi, niente donne. Sentiva dentro di sé di avere buttato via gli ultimi anni, di averli lasciati scorrere senza che lasciassero alcun segno se non quelli del tempo, sentiva di aver buttato l'ennesima notte, del latinum ed un soprabito per un'insalata infima e due chiacchiere con una bella ragazza.
No, il soprabito forse no. Il sapore di lavanda su quel collo fu un buon pensiero per andare a dormire.

4 commenti:

USS Princess ha detto...

Non avevo sono, ed ero in vena.
E poi visto che la situazione sembra riarenarsi, qualcuno doveva pur seguire l'esempio di Gianc.

MK

kalt ha detto...

Mmmmh... brutta cosa l'insonnia. Va bene solo ai romantici, ai vampiri e ai metronotte ;-)
Almeno, nel caso di Mirko, lo ha aiutato a scrivere e a sognare ad occhi aperti.
Quando mi succede, invece, significa passare la notte davanti alla televisione e l'abruttimento totale il mattino seguente.
Uno spettacolo inguardabile ;-)

G.

Maeve ha detto...

mmm ho una mezza idea! Vediamo se riesco a concretizzarla!

bacione

Clio Pk ha detto...

IO ho in mente quello che devo scrivere, però questa settimana proprio non ho avuto tempo... che casino ragazzi, giri per uffici, stupidaggini da finire, compiti dei bimbi da controllare, portare il marito a fare una visita specialistica... insomma giornate spese così e alla sera chi ha voglia di scrivere???
Però scriverò lo prometto.