venerdì 25 dicembre 2009

Buone feste!

I migliori auguri per un sereno Natale e un 2010 "stellare"

G.

giovedì 3 settembre 2009

Emergenza al bar

Con lo scattare dell'allarme rosso il bar di prora si spopolò in meno di trenta secondi, tanto velocemente da dare l'impressione che tutti gli allegri avventori fossero stati teletrasportati via da una ponte all'altro della nave, ognuno al suo posto di combattimento.
Ryo non aveva mai assistito ad un simile spettacolo in vita sua e d'altronde, visto il suo incarico attuale, non sapeva bene quali fossero i suoi doveri in una situazione d'emergenza come quella che stava verificandosi, e pertanto poté goderselo fino alla fine, sicuro com'era che, su tutti i ponti, nessun ufficiale superiore si sarebbe affranto per la sua assenza.
L'allarme smise di suonare.
"Credo che a questo punto sia inutile, siamo rimasti soltanto no due", disse Liry.
"Credevo che solo il capitano potesse fermare l'allarme rosso".
"Sono io il capitano, nel mio bar".
Ryo accolse l'occhiolino della deltana con un sorriso, e ne apprezzò la forza d'animo. Non era da tutti restare così calmi di fronte ad una situazione d'emergenza, ad un pericolo, per lo più ignoto, ma Ryo non si sorprese affatto quando la vide impegnata a passare uno straccio umido sul bancone.
"Resterai qui per tutta l'emergenza?", domandò.
"E dove potrei andare? Sono solo una semplice barista, altrove non sarei che d'intralcio. Il mio posto è qui".
Ryo sospirò, sedendosi di fronte a lei. "Vorrà dire che ci terremo compagnia. E, se la nave dovesse disintegrarsi, potrò considerarmi fortunato visto che il fato è stato tanto benevolo da concedermi di morire insieme a questo splendido esemplare di femmina deltana".
Liry sorrise. "I tuoi giochetti non funzionano con me, Ryo. E poi sai bene che questo non è il tuo posto".
"Può darsi... ma, al momento, è l'unico posto dove sono desiderato".
"Potrebbe esserci bisogno di te, in infermeria o da qualche altra parte".
"Non credo. E comunque, se mi vogliono - ammesso che mi vogliano - sanno dove trovarmi".
Liry si arrese, il ragazzo era troppo testardo, l'integrità della nave non sembrava in imminente pericolo, e poi a lei non dispiaceva un pò di compagnia. Aveva affrontato situazioni simili decine di volte, sempre da sola. Questa volta aveva al suo fianco un uomo disposto a confortarla e proteggerla in caso di bisogno, o almeno, aveva la sensazione che questo fosse il motivo percui Hunt si stava ostinatamente rifiutando di lasciare il bar. O forse aveva una troppo buona opinione di lui, magari davvero non aveva altro posto dove andare e preferiva continuare a flirtare con lei.
"Liry! A che stai pensando?".
"Allo strano tipo che sei, Ryo. Sei difficile da inquadrare".
"Sempre con questa storia... vuoi smetterla di distrarti, non vedi che abbiamo degli avventori che aspettano il servizio?".
Liry si guardò attorno, e non vide nessuno. "Davvero?".
"Certo... Un samarian sunset, per favore".
Solo in quel momento Liry realizzò che Ryo l'aveva lasciata sola dietro al bancone, ed aveva preso posto sugli sgabelli di fronte. Il ragazzo aveva un talento innato per sdrammatizzare ogni situazione. Decise di stare al gioco.
"Arriva, signore".

sabato 29 agosto 2009

Tic. Tac.

Tic. Sei li che te ne stai nell'anno 2371 ad affannarti dietro i tuoi guai.
Tac. E ti ritrovi nell'anno 2258 senza sapere ne' come ne' perche'.
A ben pensarci e' solo un attimo di tempo.
Gia', il tempo.
Forse sarebbe meglio dire che e' solo un attimo di smarrimento.
Perche' e' cosi' si sentono ora le persone della Uss Princess.
Finalmente arriva il suono rassicurante dell'allarme rosso: qualcuno, lassu' in plancia, ha creduto bene di premere un pulsante.
Ora tutti corrono a bordo della nave, perche' e' una reazione naturale, di qualsiasi razza o specie: se sei nei guai anzitutto scappa.
Solo se hai le spalle al muro allora devi combattere.
Ma quale nemico avrebbe dovuto mai affrontare un vascello di classe Galaxy che d'improvviso si ritrovava smarrito nei labirinti dello spazio-tempo?


Dalle parti del pianeta Vulcano, sistema Eridani.

Proprio in quell'istante una navetta sbuca fuori da una singolarita'.
Sta arrivando dal 2387 - oh, quello e' il futuro anche per l'equipaggio della Princess - e chi la sta pilotando non immagina nemmeno che "qualcosa" sia li ad attendere proprio la sua comparsa.
Quell'astronave predatrice somiglia vagamente ad un "kraken", il mitico calamaro gigante dei mari terrestri: il solo occupante della navetta non prova timore ma, a tale vista, non puo' fare a meno di alzare un sopracciglio.


Uss Princess: hangar principale

La piccola capsula della manutenzione e' appoggiata, ancora fumante e sghemba, sul ponte di atterraggio, segno di un atterraggio manuale "non proprio perfetto".
Il suo pilota e' furente: e' mai possibile che si siano dimenticati di lui mentre era "fuori a raschiare le teredini dallo scafo della bagnarola"?
Esce dalla capsula e si accorge dell'allarme: - Addio drink tiepido!

lunedì 13 luglio 2009

Solo un piccolo punto nello spazio...

Tempo zero.
E' una microscopica smagliatura nel tessuto dello spazio-tempo.
E' invisibile, almeno nelle prime tre dimensioni canoniche ma, ad un ipotetico strumento in grado di osservare le stringhe enne-dimensionali che si aggrovigliano a formare l'universo, apparirebbe come un'enorme falla al calor bianco.

Tempo + uno.
Il cuore pulsante dell'anomalia viene attraversato da una particella reale "quasi" priva di massa; un unico, innocuo, neutrino.
Tutto cambia in un lampo di luce attinico.

La Uss Princess, nella sua missione di nave scuola per i cadetti della Flotta Stellare, aveva lasciato alle sue spalle la base commerciale ferenghi per inoltrarsi in una zona ancora inesplorata della galassia.
Durante la breve sosta tecnica aveva imbarcato diverse casse di materiali "esotici" che la tecnologia dei replicatori non poteva rimaterializzare, misteriosi passeggeri erano sbarcati diretti verso altrettanto sconosciute destinazioni, i cadetti avevano acquistato ricordini "alieni" per le famiglie sulla Terra ed infine un nuovo complemento per l'equipaggio era stato arruolato ed imbarcato.
Adesso l'astronave viaggiava nel bel mezzo del gelido nulla a velocità d'impulso.
I cadetti, alla loro prima crociera, si affannavano alle postazioni dei sensori per mappare quella landa ignota.
Database si riempivano di informazioni, nuove carte planetarie venivano disegnate, comete catalogate e asteroidi erranti segnalati.
Il facente funzione di guardiamarina Kalt Winter era stato invece destinato alla sezione Operazioni, ovvero il candidato ideale per tutta una serie di lavori di routine, tanto umili quanto noiosi.
Così se ne stava, a bordo di una minuscola capsula di servizio alla ricerca di microfalle nello scafo secondario.
Uno degli strumenti catturò l'attenzione del boliano: lieve perdite di refrigerante dai condotti esterni, ovvero l'ennesima voce di una lunga lista di interventi manutentivi da eseguire una volta a bordo.
Kalt provava una strana sensazione: si sentiva un insignificante granello di materia senziente, perso in un immenso, indifferente e gelido, mare.
Ma, riflettè, fatte le debite proporzioni l'intera nave, con il suo carico di giovane umanità, non era altro che un minuscolo punto perduto alla fioca luce delle stelle.
Il boliano si consolò pensando al drink tiepido che lo aspettava al Bar di Prora e, così distratto, non si accorse del tenue lampo transdimensionale che aveva appena attraversato l'intero quadrante.

sabato 11 luglio 2009

Incontri

> "Un thè di jumja per cortesia!". Nemmeno a dirlo quegli occhi verdi e quel sorriso erano
> di nuovo lì proprio davanti a lei.

Ryo non poté fare a meno di fissarla. Del resto era un bel bocconcino, e lui rimaneva pur sempre un playboy. E poi quella smorfia che aveva fatto quando l'aveva guardata la prima volta, lo faceva ben sperare. Probabilmente era stata colpita dal suo inesauribile fascino. Non lo abbandonava mai, neppure in disgrazia. Carico di queste convinzioni, domandò:
"Ciao... scusa, ma... ci conosciamo?".
"Non personalmente".
"Poco male, a questo si può facilmente rimediare".
Maeve osservò divertita il sorriso spavaldo del ragazzo al di là del bancone. Era evidentemente uno che aveva sempre avuto vita facile con l'altro sesso, ma di certo non era uno studente di medicina. Di conseguenza non poteva essere quel... quel... oddio, come si chiamava?
"Mi chiamo Maeve Fletcher. E devo chiederle scusa, non so perchè ma mi ero convinta che fosse lei quel ragazzo che... insomma... non vorrei passare per una pettegola, ma ha sentito la storia del commodoro Troisi, no?".
Ryo alzò gli occhi al cielo. Probabilmente ne era già a conoscenza l'intero quadrante.
"Qualcosa, sì".
Maeve continuò a briglia sciolta. Non era da lei aprirsi tanto con un perfetto sconosciuto, ma quel ragazzo aveva qualcosa che le ispirava fiducia.
"Sembra che fosse un cadetto all'ultimo anno di medicina. Chissà che fine gli avrà fatto fare il commodoro, dicono che sia un tipo piuttosto vendicativo...".
"Già, così dicono... sarà stato sicuramente spedito a calci a prestare servizio in qualche buco... chissà dove".
"Mi fa pena. Starà chiedendosi se è valsa la pena di giocarsi la carriera per una squallida avventura sessuale".
Se ne era valsa la pena? Per quella sventola spaziale di Monica Cooper? Certo che sì! Anche se la parte razionale di Ryo ancora si ostinava a rifiutarsi di ammetterlo."Eh, ma sai com'è... c'e n'è un bel pò di gente squallida in giro...".
"Questo è vero. Lei invece sembra essere proprio un bravo ragazzo. E' molto che lavora come barista?".
Liry aveva sentito tutto, e stava facendo uno sforzo di volontà pazzesco per riuscire a non ridere.
Nonostante questo, Ryo riuscì a cogliere il lampo di divertimento nello sguardo della giovane deltana e alzò di proposito la voce, per farsi sentire.
"Eh, è una vita ormai. E' dura ma non mi lamento. Non sarà il migliore dei mestieri possibili ma non ho i doveri e le responsabilità di voi futuri ufficiali, conosco un sacco di gente interessante, giro per la galassia e, una volta finito il mio turno, sono davvero libero come l'aria".
Maeve gli sorrise dolcemente. "Lei è il primo ragazzo che conosco a non avere voglia di scalare le gerarchie. Di diventare qualcuno ad ogni costo. Ha un che di poetico".
Certo, pensò Ryo. Con una carriera ormai rovinata in partenza, tanto valeva darsi alla poesia. Forse era davvero l'unica strada che gli rimaneva.
"Sono felice che la pensi così. Odio questa voglia di volere eccellere a tutti i costi tipica del nostro tempo".
"Beh, purtroppo temo di far parte anch'io della categoria di quelli che vogliono eccellere nel proprio campo. Ma questo non vuol dire che non apprezzi chi ha deciso di vivere la vita diversamente".
Ancora un sorriso. Ryo pensò che poteva bastare, che il più era ormai fatto.
"Allora posso sperare di averti a cena una di queste sere, quando saremo entrambi liberi dai nostri obblighi?".
Maeve sorrise, e quell'ennesimo sorriso per Ryo significava vittoria. "Perchè no".
Anche Liry sorrise. Il ragazzo ci sapeva fare. Era a bordo da poco più di una settimana, e quella giovane cadetta non era certo la prima ragazza a cadere nella sua rete.
Ma d'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, l'imprevisto.
"Ryo Hunt!", esclamò la ragazza.
Liry si girò di scatto. "Lo conosci?".
"Eh? No, no. E' solo il nome di quello squallido ragazzo della storia del commodoro, non riuscivo a ricordarlo".
Lo squallido ragazzo di nome Ryo Hunt incassò il colpo e iniziò a studiare le possibili contromisure a quella tegola appena cadutagli tra capo e collo. Era evidente che la ragazza nutrisse una certa simpatia per il barista, ma una spiccata antipatia verso il medico. Che poteva fare? Darle un nome falso? E quando l'avesse scoperto?
"Non esagerare. In fondo nessuno conosce davvero tutta la storia".
"E cosa c'è da sapere? E' un bastardo che si è portato a letto la moglie di un altro uomo".
Un altro colpo. Incassa Ryo, incassa.
"E non di un uomo qualsiasi, la moglie del suo mentore. Dicono che il commodoro Troisi fosse come un secondo padre per lui. Eppure non ci ha pensato due volte a tradirlo per soddisfare i suoi più bassi istinti. La cosa ha un che di animalesco, non trovate?".
Liry annuì, allo stremo del divertimento. "Sì, infatti. Per me il ragazzo non riesce a controllarsi".
Maeve continuò, spietata come solo le donne sanno essere. "Per i ragazzi dell'accademia è una specie di supereroe, un modello da imitare, un maestro da raggiungere. Ma per me non è altro che uno squallido arrivista senza morale, che non conosce la lealtà, che non rispetta niente e nessuno".
Ryo non ce la faceva più. "Se posso dire una cosa..."
"Certo".
"Non era la moglie del commodoro! Era una ragazza qualsiasi, stavano insieme soltanto da pochi mesi, e poi... è stata lei ad andare da Hunt!". Bene, Ryo. Parla di te in terza persona.
"Questo non lo giustifica".
"Certo che no, dannazione!".
Ryo uscì dal bancone e con molta fretta si infilò una giacca scura sugli abiti civili. Maeve assistè a tutta la scena piuttosto sconcertata, e non trovò niente di meglio da domandargli che della cena che avevano in programma.
"Senti, lasciamo perdere. E' meglio".
Maeve sorrise ancora. Non riusciva a capire cosa avesse improvvisamente guastato la loro conversazione. "Posso avere almeno il mio tè di jumja?".
"Chiedi a Liry. Oppure sentiti libera di servirti ad un replicatore qualsiasi. Il mio turno è finito dieci minuti fa".
Ryo ormai era vicinissimo alle porte del turbo ascensore.
"Ma... si può sapere dov'è che scappa, tanto di fretta?".
"Se proprio vuoi saperlo, ho un appuntamento con una ragazza in sala ologrammi. Come vedi c'è anche chi riesce ad apprezzare un ragazzo famoso in tutto il quadrante per il suo squallore. Arrivederci, e tanti auguri per la carriera".
E, detto questo, varcò le porte e scomparve dalla vista degli astanti.
"Ecco il tuo tè, Maeve".
Il suono morbido della voce deltana spinse la bajor/umana a rivolgersi nuovamente al bancone, allibita. La consolò trovarsi di fronte la tazza con la sua bevanda preferita e, dietro di lei, la sorridente Liry.
"Ma che gli è preso?", le domandò, non riuscendo a capacitarsi del comportamento di quello strano ragazzo che non le aveva neanche detto il suo nome.
Liry non ce la fece più a trattenersi, e scoppiò a ridere. "Ragazza mia, davvero non l'hai ancora capito? E' lui Ryo Hunt".

Due giorni dopo, base stellare 876.

Dove diavolo era finita Liry? Si era offerta di fargli da guida turistica per la sua prima franchigia su una base stellare ferengi, eppure si erano persi di vista tra la moltitudine di gente di tutte le razze che affollava la passeggiata. Ryo sbuffò, non si sentiva a suo agio in quella calca.
Decise di riparare in uno dei tanti locali, per bere qualcosa.
Si accorse solo troppo tardi che era in programma uno spettacolo sensuale interpretato da bellissime schiave di orione, ma la cosa non gli dispiacque affatto. Ryo le vedeva adesso per la prima volta, e fu costretto ad ammettere che erano davvero affascinanti e seducenti come si raccontava.
"Sono fantastiche, non è vero?".
Il ragazzo accolse con una punta di fastidio l'intrusione di quel ferengi che si era materializzato al suo fianco, interrompendo bruscamente i suoi pensieri e le sue fantasie. Ma decise di essere gentile, dopotutto i ferengi gli ispiravano simpatia. "Sono una favola".
"Se vuoi, puoi averne una per pochi crediti".
"Proposta allettante, amico. Ma purtroppo non riuscirei a godermela, tra poco devo imbarcarmi di nuovo, e a me non piace fare le cose a metà".
"Imbarcarti? Sei su un mercantile o cosa?".
"Una nave della Flotta, la USS Princess".
"La Flotta Stellare! Fantastico! Sei fortunato, abbiamo delle offerte speciali per gli ufficiali".
"Caschi male, sono solo un cadetto. Anzi, sono solo un barista".
L'elastica mente da commerciante del ferengi fece rapidamente due calcoli, e decise che quello sprovveduto ragazzo era il pollo ideale a cui appioppare quel fastidioso prototipo, ora che non serviva più a nulla. Quel Rem era un dannato idiota, aveva sprecato un sacco di tempo e denaro nelle sue ricerche e, ora che il loro progetto stava progredendo, non era nemmeno riuscito a piazzare quel dannato prototipo. Ora finalmente gli si presentava l'occasione di venderlo come gadget sessuale a quel ragazzo col debole per le belle donne, e rientrare almeno in parte delle spese causate dall'investimento iniziale. Rem non sarebbe stato d'accordo, non sarebbe stato contento, ma alla fine sarebbe stato costretto a cedere. Se voleva essere suo socio avrebbe dovuto imparare anche lui a sottostare alle leggi del mercato, del resto gli affari sono affari, ed è da stupidi affezionarsi alla mercanzia. "Ho proprio quello che fa per te, seguimi amico".

venerdì 10 luglio 2009

Base Stellare 876

Il serosiano era seduto in quella bettola Ferenghi mentre aspettava che il proprietario finisse di discutere con un paio di avventori e andasse a parlare con lui. Rem teneva sulle ginocchia una borsa dove aveva nascosto il proiettore olografico portatile che aveva approntato. Beh, più o meno portatile, perché pesava parecchio, ma anche quello era un prototipo. Con un po' di finanziamenti in più avrebbe potuto perfezionare la sua invenzione e allora sì che sarebbe diventato ricco. Gli occhi al pensiero gli brillarono, ma si ricompose allorché il Ferenghi andò al suo tavolo: "Allora, mio caro inventore in bolletta, cosa mi volevi proporre?"
"Beh... una società. Io metto il mio lavoro, tu i soldi, vedrai quanti quattrini faremo insieme appena appronterò la mia invenzione. Faranno la fila per comperare il brevetto."
"Sì sì, questa l'ho già sentita migliaia di volte." tagliò corto con un gesto il Ferenghi.
"No, aspetta, volevo darti una dimostrazione, è solo un prototipo e va perfezionato. Hai un posto riservato?"
Il Ferenghi lo fissò dubbioso, poi scrollò le spalle e fece un gesto: "Certo, andiamo nel retro, c'è il mio ufficio e lì di solito non mi disturba nessuno."
I due si alzarono e andarono sul retro, lì il Ferenghi chiuse a chiave la porta e si sedette in attesa. Rem emozionato tirò fuori il macchinario, lo posizionò sulla scrivania e lo accese.
Subito un ologramma tridimensionale si materializzò e si presentò: "Buongiorno sono la proiezione isomorfa PK-23, in cosa posso esservi utile?"
Il Ferenghi per la sorpresa a momenti cadde dalla sedia, p0i si alzò per esaminare quello che aveva davanti.
Dopo un tempo interminabile in cui continuava a sfregarsi le mani e a toccarsi i grandi lobi, si voltò verso Rem: "A cosa serve?"
Rem lo fissò perplesso: "Beh... io l'ho programmata per le manutenzioni delle navi..."
"Qui non serve. Qui serve qualcos'altro. Puoi costruirne altre? Di altro aspetto? Razze? Tutte diverse insomma."
Rem era sempre più incerto: "Beh... sì, è possibile ma ci vuole tanto lavoro e tanto denaro e..."
"Non c'è problema... al denaro ci penso io, al lavoro ci pensi tu, la società è fatta: le venderemo per qualunque servizio le vogliano, se capisci cosa intendo. Puoi programmarle in qualunque modo, giusto? Quindi a servire e compiacere anche."
A quel punto Rem iniziò a capire cosa voleva fare il Ferenghi.
Guardò l'immagine olografica per un momento, poi si riscosse e andò a spegnere il proiettore, mormorando uno "Scusa piccola, non sono cose che devi sentire."
Poi si voltò verso il Ferenghi: "Posso costrirne altre, ma questa la devo perfezionare per quello che voglio io. Se vuoi che entriamo in società, devi permettermi di finire il prototipo e vedere se lo posso vendere per i servizi che ho programmato. Poi te ne costruirò delle altre per i servizi che vuoi tu." Disse con fare deciso.
Il Ferenghi annuì: "D'accordo, finisci il prototipo, hai una settimana per finirlo e venderlo, alcune navi della federazione attraccheranno presto, quindi potrai vedere se riuscirai a piazzarla. Poi però me ne costruirai almeno dieci come dico io. Se la cosa va... diventeremo molto molto ricchi, te lo posso assicurare."
"D'accordo, allora posso dire di mettere sul tuo conto quello che mi serve?"
"Certo, tu di che ti manda Kileor, vedrai che ti daranno tutto quello che vuoi."
"Affare fatto allora." concluse Rem incerto.
"Affare fatto!" disse il Ferenghi dandogli una pacca sulla schiena.

Erano nel magazzino e Rem stava inventariando il materiale acquistato a credito.
L'ologramma era immobile che osservava a sua volta.
Rem la fissò: "Allora... se tutto va bene, dopo questa messa a punto ti porterò a visitare qualche nave... e magari potremmo trovare anche chi ti vorrà prendere con sé."
"Non andava bene, dove siamo stati prima?"
"No, quello non è il posto giusto per te."
"Perché signore?"
"Perché... beh fidati, non è il posto per te."
Pk-23 alzò le sopracciglia sembrando ancora più vera: Rem si complimentò con se stesso, aveva fatto proprio un buon lavoro. L'unica cosa era rendere quel proiettore più piccolo possibile e di conseguenza trasportabile.
"Signore... perché mi ha chiamato Pk-23?"
"P sta per prototipo."
"E il resto?"
"Sei curiosa per essere un ologramma, - sorrise Rem - K sta per Kilian, che poi è il nome della mia ex, e 23... beh, 23 sono i mesi che siamo stati insieme."
"Ho capito signore, grazie signore."
"Chiamami Rem."
"D'accordo Rem, grazie." sorrise Pk.
Rem rimase abbagliato: Killian... non era mai stata così dolce... ma lo sarebbe diventata se fosse riuscito a tornare da lei ricco sfondato, pensò con un sogghigno.

mercoledì 8 luglio 2009

Due occhi verdi

2371, era un anno che era arrivata all’Accademia e non era cambiato poi molto nella sua vita. Tutti i fine settimana a casa a due passi, il solito giro con l’amica di sempre Lorelai, e lo studio. Già era al secondo anno ma veniva considerata lo stesso una matricola spesso e volentieri, la guardavano con un briciolo di curiosità, soprattutto quel nasino che si ritrovava. Si guardava attorno, decisa più che mai a continuare con l’idea che si era fatta inizialmente: laurearsi in chimica ed astronomia, arruolarsi per diventare un ufficiale scientifico anche se papà non era propriamente d’accordo. Maeve Fletcher camminava lungo quel lungo viale alberato che l’avrebbe portata a seguire il corso di chimica organica quando di colpo venne urtata abbastanza violentemente da un ragazzo che correva nella direzione opposta.
"Dannazione a te, fai più attenzione la prossima volta!" brontolando come naturale, osservando quel ragazzo che appena imbarazzato sorrideva e si scusava. Gli occhi la colpirono, quegli occhi verdi che penetravano dritti nell’animo. Scosse la testa come per riprendersi ed entrò nella sua aula. Era tutto un chiacchiericcio, tutti parlavano di altro, di quello che si diceva del commodoro, prese posto accanto a Lorelai come al solito ma anche lei pareva interessata a quelle voci.
"Che diavolo sta succedendo qui? Non si fa lezione?" mormora verso l’amica
"Eve tu non sai che è successo, insomma pare che un cadetto alquanto affascinante fosse l’amante della moglie del commodoro"
"E allora? Cosa importa a noi?" domandò perplessa.
"Si fanno ipotesi sul nome del cadetto, e quando tutti erano concordi con un unico nome un ragazzo è uscito da qui rapidamente, pare sia Ryo Hunt, lo conosci?"
"Io? E come potrei?" fissando l’amica.
"Non so fa medicina, ma non riesco a focalizzarlo nel mio corso probabilmente è più grande, anzi di sicuro. Magari l’avevi notato mentre mi aspettavi qualche volta, no?"
Per un secondo Maeve ripensò al ragazzo che l’aveva urtata poco prima, poi si diede della stupida, sarebbe stato troppo fantascientifico che lei avesse incontrato, anzi si fosse scontrata con la persona più chiacchierata dell’intero campus. Nell’aula entrò un uomo non molto anziano, un ammiraglio pareva, subito il silenzio calò e tutti fissarono quella figura rossa ai piedi della cattedra. "Ho un annuncio da fare, fra una settimana circa partirà una nave scuola, voglio imbarcare due persone di quest’aula, gli interessati dovranno sostenere un test. I due fortunati saranno contattati e si imbarcheranno."

Una settimana dopo a bordo della Uss Princess
Maeve si aggirava per i corridoi cercando di memorizzare i punti chiave di quella nave senza dover essere costretta a chiedere informazioni al computer ogni cento metri.
Aveva salutato a malapena, dopo il test ed essere stata informata che era stata scelta, Lorelai ed Henry McMenox, quella testa calda di uno scozzese con cui era diventata amica dopo aver discusso per più di due ore sulla popolazione cardassiana. Ora si trovava lì, spaesata e sola, più del solito, dove non conosceva nessuno e tutti osservavano i suoi gradi inesistenti. "Dannazione a me che ho fatto quel test" mormorò entrando nel bar "e dannazione a me che ho accettato di venire quassù con quel borioso del cadetto Finnish entrato qui solo perché figlio di…" sedendosi stancamente sullo sgabello del bar "un thè di jumja per cortesia!". Nemmeno a dirlo quegli occhi verdi e quel sorriso erano di nuovo lì proprio davanti a lei.

lunedì 6 luglio 2009

A bordo della nave scuola

C'erano volte in cui a Ryo sembrava di non avere mai davvero avuto un passato, e la vita gli pareva iniziare soltanto nell' istante che stava vivendo nel preciso momento in cui veniva assalito da questo assurdo pensiero. In quei momenti i ricordi gli apparivano come sfocati, distanti, irreali, disegnati coi contorni sbavati dei sogni, e finiva sempre col chiedersi chi mai avesse organizzato per lui una simile messinscena, in un certo senso rifiutando vilmente l'assioma secondo cui il presente in cui ci muoviamo non è altro che la conseguenza delle nostre azioni passate.
E comunque fingere di non avere avuto un passato per non dover ammettere le proprie responsabilità per gli errori commessi non lo faceva stare meglio. Mai.
Era davvero nato a New York? Si era davvero laureato? Aveva davvero conosciuto il commodoro Troisi e fatto del sesso con la sua giovane compagna?
Ma, sopratutto, si era davvero imbarcato su quella nave?
USS Princess, NCC-22751, nave stellare di classe Galaxy. Grado guardiamarina, mansione ufficiale medico in seconda.
Ricordi. Sogni.
"Ehi, va tutto bene? Attento con quel bicchiere".
"Sì, sì. Sono solo un pò sovrappensiero".
La bella deltana al suo fianco gli sorrise. Era evidente che quel bel ragazzo gli stava nascondendo qualcosa, e adesso la sua curiosità femminile voleva a tutti i costi sapere cosa.
"Senti Ryo, è quasi una settimana che ci conosciamo. Non hai fatto nient'altro che stare qui al bar a bere, ridere, scherzare e flirtare con le ragazze. Eppure ci sono momenti in cui ho l'impressione che vorresti essere altrove. Sei uno strano tipo, sicuro di essere nel posto giusto?".
"Hai intuito da vendere, Liry. Credimi, non dovrei essere qui. Non ora, almeno".
"In che senso?".
"Ecco, vedi, io...".

Una settimana prima, a bordo della USS Princess, orbita di Marte. Infermeria.

....ero felice, una settimana fa. Finalmente ero a bordo di una vera nave stellare, e l'infermeria mi parve fin da subito efficiente, ben organizzata e piena di belle infermiere, sopratutto.
Avevo appena strizzato l'occhio ad una di queste quando fui intercettato dall'ufficiale medico capo, il mio diretto superiore. Sì, Liry. Non interrompermi, ti prego. Capirai tutto più avanti.
"Giovanotto, potrei sapere cosa ci fa lei qui? A parte importunare le mie infermiere, ovviamente".
"Ehm, mi scusi. Piacere di conoscerla dottor Vento. Sono il cadetto Ryo Hunt, e sarò felice di farle da secondo, appena mi avrà conferito il grado di guardiamarina".
Mi ero documentato prima di salire a bordo. Il dottor Vento aveva fama di essere un uomo dal carattere allegro, un buontempone, percui non mi preoccupai troppo quando lo vidi mettersi a ridere, così fragorosamente da sembrare fuori luogo.
"E così è lei il cadetto Hunt! Che piacere conoscerla, amico! La sua fama la precede!".
"La ringrazio, dottore. Non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa. Nè di avere una fama che mi precedesse, a dire il vero".
"Ma scherza?! Lei è riuscito a portarsi a letto la compagna del commodoro Troisi! Sono passate meno di ventiquattr'ore da quando la notizia è venuta fuori, ma le assicuro che in tutta San Francisco non si parla d'altro! Credo che nel giro di qualche giorno diventerà una specie d'eroe per tutti i ragazzi dell'accademia! Di certo, è già il mio. Non ho mai nutrito particolare simpatia per il commodoro. Così borioso, così pieno di sè. Gli ha dato una bella lezione. Bravo!".
Anche se piena di complimenti, la conversazione iniziava ad essere imbarazzante per me, e così preferii cambiare discorso. Oltretutto non riuscivo a credere che la notizia fosse girata tanto velocemente. "E' una storia di cui non vado fiero e che preferirei lasciarmi alle spalle, dottore".
"Ah, certo, giovanotto. La capisco, la capisco. Ma, mi dica, come mai è qui?".
Il dottore aveva fama di essere anche un pò distratto. Per questo non badai neppure a questo secondo campanello d'allarme. "Glie l'ho già detto. Appena mi conferirà il grado di guardiamarina sarò lieto di servirla come secondo, sono queste le direttive che ho avuto sulla terra".
"Ma... dev'esserci un errore, io ho un già un secondo. Il guardiamarina Camden. E lei non figura nell'organigramma dell'infermeria. E' sicuro di essere stato assegnato a me?".
"Certo... ricontrolli, dev'essersi sbagliato...".
"No, non mi sbaglio, mi dispiace. Può controllare con i suoi occhi, se preferisce".
Mi porse un d-padd, ed effettivamente il mio nome non figurava da nessuna parte.
O meglio, figurava dove non doveva: Ryo Hunt, addetto civile al bar di prora...

Bar di prora, oggi.

"...e così, eccomi quà. Ovviamente nel frattempo la nave era già partita, e a nulla sono valse le proteste al primo ufficiale. Non mi hanno neanche permesso di parlare con il capitano".
"E' una storia davvero incredibile".
"Già. Il commodoro ha parecchi amici all'ufficio assegnazioni, non dev'essergli stato difficile giocarmi questo tiro mancino!".
"Beh, è nulla rispetto a quello che tu hai fatto a lui", sorrise maliziosa la giovane deltana. "Avevo sentito questa storia quando eravamo all'imbarco su Utopia Planitia, ma non avevo idea che fossi tu il protagonista. Questo spiega anche il vivace chiacchierio che c'è sempre quando sei di turno. Mi sembrava, infatti, che troppi guardassero il bancone".
Ryo riacquistò il suo proverbiale sangue freddo, e si esibì in un inchino da provetto cameriere, con tanto di tovagliolo sul braccio destro. "Dovrai fartene una ragione Liry. Come vedi hai al tuo fianco una celebrità! Il bar andrà a gonfie vele".
Liry tornò seria. "Davvero ti va bene la situazione?".
"Sì. Diciamoci la verità... avevo avuto la possibilità di svolgere l'anno di specializzazione a bordo di questa nave soltanto per la mia amicizia col commodoro, non certo per i miei meriti accademici.
Ero passato davanti a gente più in gamba e preparata di me tramite questa scorciatoia, ed in fondo è più giusto così. Il lavoro al bar non è male, si ha molto tempo libero e si conosce tanta gente interessante. Tante ragazze sopratutto. Non avrò modo di scrivere la mia tesi come avevo programmato, ma non sarà un anno buttato, la carriera in fondo può aspettare. E poi sto tutto il giorno con una bella deltana come te, cosa posso volere di più?".
La deltana apprezzò la sincerità e la forza d'animo di quel ragazzo. Aveva ancora il coraggio di pensare alla tesi e ad una carriera nella Flotta dopo essersi fatto un nemico potente e vendicativo come il commodoro Troisi. Eppure Hunt non poteva essere così ingenuo da non sapere che come questi si era profuso per aiutarlo quando era suo amico, con la stessa tenacia si sarebbe adoperato per distruggerlo adesso che erano diventati nemici. Chiunque altro nella sua posizione avrebbe accettato il fatto che la propria carriera era terminata ancora prima di iniziare, e non avrebbe perso un attimo a dimettersi e a tornare sulla Terra per lavorare privatamente.
Ma Liry sapeva che non serviva a niente avvilirlo con quei ragionamenti, così li lascio perdere e decise di incoraggiarlo. In fondo il bel ragazzo terrestre era un compagno di bancone piacevole.
"Vedrai, avrai da divertirti. L'equipaggio non è neppure al completo. Dobbiamo ancora imbarcare personale dalla Base Stellare 876. Sei mai stato su una base ferenghi?".
"No, quando vi attraccheremo?".
"Tre giorni", Liry gli fece un occhiolino. "E ti mostrerò quanti divertimenti possono essere acquistati con pochi crediti".
Ryo sorrise. Qualunque fosse stato il suo passato, aveva ancora un futuro da costruirsi.
"Giovanotto, un raktajino".
"Subito, tenente!".

giovedì 2 luglio 2009

2371

"Ecco, forse adesso ci siamo... accensione." Borbottò l'uomo magro strizzando gli occhi e dando il comando di accensione al suo vecchio computer che comandava il proiettore olografico che avevae acquistato a pezzi e rimesso insieme con alcune modifiche, l'immagine che si formò, sebbene tremolante, lasciava intendere la bellezza della donna da cui aveva preso il modello. Un sospiro gli sfuggì, pensando a quanto era bella la sua ex... e a quanto pretenziosa e snob fosse stata mentre stavano insieme. Lei non si sarebbe mai sporcata le mani lavorando, lei doveva fare la bella vita, poco importava se il tenore di vita che lei pretendeva fosse interdetto ai più, e soprattutto ad un inventore in disgrazia come era lui. Forse era per questo che non ci aveva pensato due volte ad andarsene visto come si stavano sviluppando gli eventi... eppure era stato così sicuro di aver trovato il modo veloce di far soldi, invece era andato tutto male e i troppi debiti contratti lo avevano costretto a scappare e a rifugiarsi su quel pianeta tranquillo. Anche troppo tranquillo, a volte gli sembrava di essere in una bolla del tempo, tanto i giorni passavano lenti. Ma sarebbe riuscito a tornare in auge, ne era sicuro: il nuovo ologramma per la manutenzione delle navi avrebbe funzionato e gli avrebbero comprato il brevetto a peso di latinum. Poco importava se era bello o brutto, ma lui, per una sorta di catarsi aveva voluto darle le sembianze della sua ex, una serosiana bellissima e avida, che ora stava con un pezzo grosso di non si sapeva dove, o almeno lui non lo sapeva, visto che era scappato di notte e senza avvertire nessuno. Era andato a vivere su quel pianeta, dove una vecchia zia si era ritirata parecchio tempo prima... non pensava certo che fosse ancora viva, e invece quella vecchia ciabatta era vispa e arzilla e pretendeva di comandarlo a bacchetta. Ma almeno lo aveva accolto in casa senza fargli pagare l'affitto. Doveva solo farle delle commissioni ogni tanto... peccato che lo chiamasse a tutte le ore.
Si riscosse vedendo che l'ologramma lo stava fissando con la testa inclinata in attesa di qualcosa.
"Oh, scusa... diamine come sei bella... sembri così... vera!"
"Io so... v..a, s..nore." disse l'ologramma con voce dolce, anche se a scatti e con delle interruzioni nelle parole.
"Accidenti... aspetta, devo modificare il circuito che attiva la tua capacità di comunicare..."
"REM! REM! SMETTILA DI GIOCARE ALLO SCIENZIATO PAZZO E VIENI AD AIUTARE LA TUA VECCHIA ZIA."
"UN ATTIMO, ARRIVO! Vecchia babbiona rompiscatole, sempre nei momenti sbagliati mi chiama. Scusa bella, devo proprio andare... ma prometto che stasera metto a posto tutto... ora... devo spegnerti." le disse con un ultima occhiata di rammarico.
"Asp..ta, qu.l . i. .io n.me?"
"Ma lo sai che non ci ho ancora pensato? Dovrò trovarti una sigla... un ologramma non ha un nome, viene identificato con una sigla... ci sono, P di prototipo per iniziare, e poi... stasera te lo dico." le disse spegnendola.
"REM!" un altro urlo lo fece sussultare: la zia si stava avvicinando al magazzino dove lui stava lavorando, meglio uscire.
"Arrivo, sono qui, zietta - si costrinse a dire - cosa ti serve?" ammiccò con un sorriso falso verso la donna.

venerdì 12 giugno 2009

2371

Kalt non riusciva a dormire.
Se ne stava sdraiato a fissare le tubazioni sul soffitto della stanza.
Stanza! A dirla tutta, era un eufemismo anche solo parlare di ripostiglio: pareti anguste e rugginose, una brandina a scomparsa, un minuscolo bagno, un armadietto incassato, uno stretto ripiano, una sedia e un terminale dal video incrinato.
A intervalli irregolari sentiva le vibrazioni del turboelevatore di servizio; almeno erano un diversivo dal continuo raschiare della ventola di aereazione e poteva divertirsi a scommettere con se stesso quanti minuti sarebbero trascorsi tra un passaggio e l'altro.
Ma era tutto ciò che poteva permettersi con i pochi crediti rimasti: da quando era sbarcato dal mercantile "Spezia Fragrante" su quella vetusta stazione spaziale, il giovane ufficiale boliano non aveva ancora trovato un nuovo imbarco.
Ogni mattino standard si presentava agli uffici delle compagnie di navigazione per consultare i ruolini dei vascelli in arrivo, poi raggiungeva la darsena spaziale nella speranza di trovare un lavoro e garantirsi almeno le razioni ai replicatori pubblici.
Il giorno prima era iniziato come sempre, nessun nuovo arrivo, ma Kalt aveva trovato un piccolo lavoretto "esterno": pilotare la capsula di servizio addetta alla ricerca di microfalle sullo scafo di un cargo serosiano.
Così, a fine giornata, aveva deciso di festeggiare e con il gruzzolo guadagnato si era presentato nell'unico locale della stazione.
E proprio mentre era intento a giocarsi l'ultimo credito al tavolo del dabo (possibile che l'amata Ifni, dea della fortuna, l'avesse abbandonato in questo modo ?) era stato raggiunto dall'addetto militare di Bolarus.
L'anziano sergente maggiore gli aveva offerto una scadente birra romulana e consegnato un dpadd: Kalt era appena stato richiamato in servizio come ufficiale della Riserva.
Si trattava di una clausola siglata sei anni prima quando si era diplomato come capitano mercantile, firmata e poi dimenticata: ora una nave scuola della Federazione era prevista in arrivo alla stazione da li a poche ore e lui avrebbe dovuto presentarsi al tunnel d'imbarco come ufficiale di collegamento.
Kalt non sapeva se essere felice dell'opportunità di lasciare quel oscuro buco in fondo al quadrante Alfa o se tentare la sorte disertando e imbarcandosi come clandestino sul primo cargo in transito.
Un'altra scommessa nella sua vita.
Lanciò per aria quell'ultimo credito che stringeva ancora nel pugno: per usare un'espressione umana, "testa o croce"?
Testa! E che Federazione fosse allora.
Kalt, sdraiato nel suo loculo attendeva ora, più inquieto che mai, il nuovo mattino.

giovedì 11 giugno 2009

Scusate il ritardo

San Francisco, Terra.
Accademia della Flotta Stellare, Alloggi dei cadetti

Quando il trillo del comunicatore svegliò il cadetto Ryo Hunt sotto di lui c'era un letto sconosciuto ed intorno penombra e un vago ma familiare senso di profumo. Per un attimo fece fatica ad associare il profumo alla ragazza che giaceva al suo fianco e la ragazza al posto in cui si trovava. Recuperò la memoria con lo stesso senso di fastidio con cui mise fine al suono emesso dall'apparecchio elettronico sul comodino.
"Qui Hunt".
Dall'altra parte una voce di donna. "Ryo sono Monica. Sei sveglio?".
"Sì". La sua voce impastata smentiva il senso di quel monosillabo. "Che c'è?".
"Ho assolutamente bisogno di dirti una cosa".
Ryo si alzò facendo attenzione a non disturbare la giovane donna che ancora dormiva al suo fianco, attraversò tutto l'alloggio e sedette davanti al monitor del computer. Lo accese e subito apparve il viso di una ragazza in lacrime. Aveva gli occhi azzurri come il cielo, incorniciati da un caschetto di capelli bruni.
Ryo la guardò con occhi ancora assonnati. Provava, senza motivo, un leggero senso di disagio. Oppure il motivo c'era, e stava per scoprirlo. "Dimmi, Monica".
"Glie l'ho detto, Ryo. Gli ho detto tutto".
Quelle parole fecero scattare in lui un campanello d'allarme. Sperò per un istante che quelle parole fossero nient'altro che un espediente, una disperata ricerca di una reazione che fosse frutto della stessa emozione. Non poteva credere che quella ragazza fosse così incosciente.
"Hai detto che cosa a chi?".
"Di noi. A Massimo".
In quel momento Ryo vide una lacrima solcare il viso della donna e qualcosa che le si muoveva dietro e che ne accentuava il tremore. Lei continuò.
"Non hai nulla da dire?".
Il silenzio che ebbe come risposta fu un poco più lungo e molto più esplicito. "L'unica cosa che posso dire è che hai fatto una grossa stupidaggine, davvero".
"Non ce la facevo più ad andare avanti così. Io ti amo, Ryo. E anche tu hai detto che mi amavi...".
"In certi momenti si dicono tante cose. Alcune appartengono alla realtà, altre alla finzione. Mi dispiace che tu non abbia capito quali appartenevano all'una e quali all'altra".
"Ryo, io...".
Monica si interruppe per rifugiarsi nel silenzio e nel pianto. Subito dopo sullo schermo subentrò la figura di un uomo. Indossava la divisa della Flotta Stellare, e Ryo non ebbe bisogno di controllare i gradi che esibiva sul colletto per sapere di chi si trattava.
"Ryo! Bella giornata, vero?".
"Sai benissimo che non lo sarà".
"Lo spero per te. E spero che tu sappia provare ancora un briciolo di vergogna per trovare pessima questa e altre giornate che verranno. Per molto tempo".
L'uomo si concesse una pausa per stirarsi la divisa con un gesto delle mani.
"Ho voluto questa piccola ed ignobile conversazione solo perchè Monica si rendesse conto di che razza di uomo sei e per chi ha buttato alle ortiche la sua carriera".
"Non credo serva a molto dirti che mi dispiace".
"Temo proprio di no".
"Allora non penso ci sia altro da dire".
"No, al contrario. Ci sarebbe molto da dire. Ma non sono sicuro che valga la pena di investire altro tempo ed altre parole in un discorso con uno come te".
Ryo chiuse gli occhi, e nonostante ciò continuò a vedere stagliarsi nitida davanti a sè la figura dell'uomo con cui stava parlando. Massimo Troisi, pluridecorato commodoro della Flotta Stellare in odore di promozione e, si vociferava, con un passato da protagonista nella Sezione 31. Bello, alto e forte nonostante i suoi cinquantasei anni.
"La cosa finisce qui solo per un motivo. Una volta mi hai salvato la vita. Ora io ti restituisco il favore. Siamo pari". Altra pausa. "Non ti auguro del male. Qualunque cosa ti augurassi sarebbe ben poca cosa rispetto a quello che riuscirai a farti da solo. Commodoro Troisi, chiudo".
Lo schermo si spense ed il giovane Ryo sembrò accorgersi soltanto in quel momento che una parte della sua vita era finita.
Aveva conosciuto il commodoro Troisi poco più di quattro anni prima quando, neolaureato, esercitava la professione medica in un piccolo studio dall'altra parte del continente, a New York. Il commodoro era rimasto coinvolto suo malgrado in una rissa che ebbe come scenario uno dei tanti bar che Ryo era solito frequentare. I bene informati sostenevano che il commodoro fosse in missione alla ricerca di prove che inchiodassero ufficiali della flotta sospettati di passare informazioni ai maquis, e che la sua copertura fosse saltata. Qualunque fosse la verità, il commodoro si era ritrovato con una gamba rotta e l'arteria femorale recisa. Ryo, insieme ad altri uomini, intervenne per sedare la rissa e, pur non avendo strumenti con se, prese la decisione di operare per fermare l'emorragia. I medici della Flotta Stellare che ebbero in cura il commodoro dissero che senza quell'intervento tempestivo avrebbe potuto non farcela.
E così, una settimana dopo, Ryo era stato convocato nel suo ufficio a San Francisco.
Al suo ingresso il commodoro aveva sollevato lo sguardo dal d-padd su cui stava lavorando e gli aveva parlato come se si conoscessero da sempre.
"Sei stato in gamba, ragazzo".
Ryo aveva vinto a fatica l'imbarazzo che provava ogni volta di fronte ai complimenti, a parte quelli che si faceva da solo.
"Ci provo. A volte ci riesco".
"Bene. E' quello che ho sempre fatto anch'io. La flotta stellare ha bisogno di uomini in gamba come te. Cosa ne diresti di prestare servizio a bordo di una delle nostre navi stellari?".
Nonostante avesse conseguito durante gli studi il brevetto di pilota di primo grado, Ryo non aveva mai seriamente preso in considerazione la possibilità di unirsi alla Flotta. Eppure, ora che gli si presentava la possibilità di dare una tale svolta alla sua vita, senza riflettere troppo Ryo aveva accettato, e si era ritrovato a frequentare l'accademia.
Tutto era andato bene per tre anni, finché nella vita del suo mentore non era entrata dalla porta principale la giovane, bellissima ed impulsiva Monica Cooper. Quando gli occhi di quella ragazza si erano posati su di lui per la prima volta, Ryo aveva sentito subito odore di guai.
Sei mesi dopo, Monica si era presentata a sorpresa nel suo alloggio...
Ryo cacciò via i ricordi con un sospiro. Qualunque cosa avessero rappresentato per lui Massimo Troisi e la sua sprovveduta compagna, adesso appartenevano al passato.
Intanto la legittima proprietaria dell'alloggio in cui si trovava adesso rotolò tra le lenzuola cercando, istintivamente, di abbracciare il corpo maschile che era sicura di trovare al suo fianco. Non trovandolo si svegliò, massaggiandosi con delicatezza gli occhi ancora appannati dal sonno.
Ryo aveva lentamente indossato i suoi abiti civili, e adesso stava raccogliendo l'uniforme e parte della sua roba in una piccola valigia, quando si accorse che la donna si era alzata ed era ormai alle sue spalle.
"Mmh... ma che ore sono?"
"Torna a dormire se vuoi, Monica. Sono appena le sei del mattino", sorrise.
"Come mi hai chiamata?".
Lo sguardo di Ryo divenne smarrito, sotto quello indagatore della donna. "Ehm... Miriam?"
"Miriam?! Monica?! Sveglia, caro! Io sono Liz, Elizabeth. Ricordi?"
"Ah... Elizabeth! Ma certo!", affermò meccanicamente, esibendo fin troppo entusiasmo.
Quella si ridistese con un sospiro rassegnato, appoggiando la testa sul cuscino in modo da poter comunque guardare il ragazzo davanti a lei, indaffarato a chiudere la sua piccola valigia.
"Lo sai che sei davvero un tipo strano? Un bel tipo, certo. Ma strano". Attese. Come
prevedeva non ebbe nessuna risposta, quindi proseguì. "Sapevo che avevi soltanto voglia di portarmi a letto, ti si leggeva in faccia ieri sera. Hai intenzione di non parlarmi più?". Ancora
nessuna risposta. "Fa niente... tanto neanch'io ricordo più come ti chiami, ormai. Ricky?"
"No. Ryo".
"E cosa fai già in piedi alle sei, Ryo?".
"Oggi inizia il mio anno di specializzazione. Ho chiesto ed ottenuto, grazie al commodoro Troisi, di effettuarlo a bordo di una nave stellare con il grado di guardiamarina. Dovrei essere l'ufficiale medico in seconda. Nel primo pomeriggio c'è l'imbarco, e ancora non conosco il nome della nave su cui dovrò prestare servizio. Dovrò recarmi all'ufficio assegnazioni della Flotta per scoprirlo".
La ragazza rispose con un ennesimo sospiro. Ryo nel frattempo si era avvicinato alla porta che dava all'esterno, aprendola.
"Torna pure a dormire Liz, mi farò vivo molto presto".
"Non lo farai...". Concluse quella voltandosi in modo da dargli le spalle, dando l'impressione di voler semplicemente tornare a dormire.
Hunt strinse le labbra e chiuse la porta dietro di sé.
Lo aspettavano strani, nuovi mondi, frontiere sconosciute e straordinarie avventure.
Il futuro stava per cominciare.

lunedì 1 giugno 2009

Il viaggio segreto della Uss Fortuna

"C'era un gran rumore negli universi. Generazioni di stelle nascevano e morivano sotto lo sguardo di telescopi assuefatti, fortune elettromagnetiche venivano dissipate in un attimo, sorgevano imperi d'elio e svanivano civilta' molecolari, gang di gas sovreccitati seminavano il panico, le galassie fuggivano rombando dal loro luogo d'origine, i buchi neri tracannavano energia e da bolle frattali nascevano universi dissidenti, ognuno con una legislazione fisica autonoma." (Stefano Benni, Elianto)


I sistemi del supporto vitale smisero di funzionare quasi contemporaneamente.
Schermi e campi di integrita' strutturale si disattivarono.
Il computer centrale esegui' un brutale shut-down senza riuscire a completare le procedure di recovery dei dati.
Infine, con l'esaurirsi dell'ultima batteria ausiliaria, l'astronave divenne un sofisticato ed inutile hardware alla deriva: relitto che roteava in un immenso oceano vuoto.
Niente gravita', luce, calore e atmosfera respirabile: le persone a bordo trattennero il respiro per un inconsapevole riflesso e si scambiarono sguardi terrorizzati.
Qualcuno chiuse la visiera ed accese le luci del casco spaziale, altri, piu' semplicemente, si misero a piangere. Il medico di bordo, su autorizzazione del capitano, inizio' a distribuire una compressa di "tranquillante" color rosso carminio...

Una settimana prima - Comando della Flotta Stellare
Un mattino scintillante di gennaio.
L'aria della citta' che si affacciava sulla baia di San Francisco era gelida, ma almeno il vento di terra aveva spazzato il cielo e con lo sguardo si poteva vedere l'oceano livido oltre i rossi pilastri "del ponte".
Un anziano capitano della Flotta stellare si stava recando al Quartier Generale per ricevere gli ordini di missione. - Personalmente e im-me-dia-ta-men-te! - cosi' aveva scandito l'ammiraglio nel messaggio video.
In se, tale procedura, consueta per le unita' operative, era invece abbastanza anomala, almeno per un obsoleto vascello per le rÏcerche astronomiche come la Uss Fortuna e questo aumentava la curiosita' dell'ufficiale.
- ... e vi recherete fino all'unico pianeta del sistema per sganciare le boe con i sensori, il radiofaro ed un modulo orbitale di controllo. Sbarcherete i vostri passeggeri e rientrerete alla base stellare 103.
E "soprattutto", capitano Winter, nessuna domanda. Dopotutto la deviazione di rotta non vi costera' piu' di due giorni sul piano di navigazione previsto...-

Uss Fortuna, vascello esplorativo declassato a nave scuola e piattaforma per ricerche astrofisiche - dalle parti della nebulosa del Granchio
Una nave e' come un piccolo paese, tutti si conoscono e i segreti non hanno vita lunga.
Cosi' la presenza dell'equipe "scientifica" che la Uss Fortuna stava trasportando verso una destinazione "non meglio specificata" aveva innalzato il livello delle "voci di corridoio".
I nuovi arrivati pero' non avevano fraternizzato con l'equipaggio, con i cadetti e con i ricercatori di bordo, limitandosi a lavorare nella stiva di carico per mettere a punto gli strumenti della spedizione, mangiando i pasti in un orario riservato in sala mensa e passando il restante tempo libero chiusi nei rispettivi alloggi.
Solo la terza sera di viaggio il capitano Winter aveva potuto scambiare due parole in tono "informale" con la persona responsabile della spedizione.
La donna se ne stava in silenzio, a braccia conserte, ad osservare oltre la vetrata panoramica della sala di osservazione.
- Capitano, resti pure!
- Non vorrei disturbarla, anch'io vengo ogni tanto qui quando voglio riflettere da solo.
- Gia', e' molto ... tranquillo...
Poco dopo, interrompendo l'imbarazzante silenzio che aveva seguito il primo scambio di parole: - Dottoressa Norton, c'e' qualcosa che posso fare per lei o per il suo team?
- No, e' sufficiente che limiti la curiosita' dell'equipaggio per altre dodici ore.
- D'accordo, sollecitero' un maggiore rispetto per la vostra "privacy". - replico' in tono piccato il capitano Winter.
- Non volevo essere scortese capitano, ma e' meglio per tutti, mi creda: domani arriveremo a destinazione, posizioneremo in orbita il materiale e le installazioni e potrete riprendere la vostra regolare missione.
- Le vorrei chiedere una sola cosa. Uno dei suoi ha acceduto al software che gestisce i diari di bordo della nave.
L'espressione della donna non tradi' alcuna emozione: - Mmmmh di solito e' una procedura che non viene rilevata. Ma le assicuro che non si tratta di sabotaggio; semplicemente verra' cancellata qualsiasi traccia di questi ultimi tre giorni di viaggio. E' lo standard...
- E per quanto riguarda i ricordi personali, come farete?
La risata della donna risulto' piu' inquietante che divertita: - Vi verra' fornita una piccola pillola azzurra...

Un sistema senza nome, sigla del catalogo stellare NGC 0315A -
La Uss Fortuna era entrata in orbita standard attorno all'unico pianeta di un remoto sistema ternario.
Il mondo sottostante era un gigante gassoso che rifletteva di luce azzurra sulla banda dei principali elementi che ne componevano l'atmosfera; probabilmente si trattava di un vagabondo dello spazio catturato dalla gravita' della stella principale e che, per una rarissima combinazione, si era stabilizzato nell'unico punto lagrangiano del sistema.
L'immagine di enormi tempeste secolari e di fulmini su scala planetaria, riempiva lo schermo principale della plancia di comando mentre la voce pacata del capitano dava il via alle operazioni: - Iniziate la sequenza di sganciamento delle boe. Al mio segnale... ora!
Le consolle tracciavano il posizionamento della serie di satelliti mano a mano che questi si dispiegavano in orbita alta attivando i loro transponder.
Dalla stiva, il posto eletto a sala operativa dall'equipe scientifica, giungevano puntuali le conferme che permettevano all'ufficiale addetto alle operazioni di effettuare il teletrasporto della boa successiva.
- Capitano... - un giovane guardiamarina interruppe il silenzio che regnava in plancia - ... perche' cosi' tante piattaforme orbitali? Dico, se si trattasse di una semplice copertura della superficie planetaria ne basterebbero di meno... -
Alcune teste annuirono come per confermare un'opinione comune.
L'ufficiale in comando giro' lentamente lo sguardo, come per esaminare che nessun'altro potesse ascoltare la sua risposta: - Infatti i loro sensori non sono puntati verso il pianeta... ma adesso basta con le speculazioni: abbiamo un lavoro da fare e prima lo eseguiamo e prima ce ne andremo da questo sistema! - aggiunse poi a bassa voce - Non so voi, ma tutta questa faccenda, questo posto mi sta trasmettendo i brividi...

In orbita attorno al pianeta
Il modulo orbitale di controllo era costituito da una serie di cilindri pressurizzati e dotati di boccaporti d'aggancio.
In pratica si trattava di una struttura complessa (laboratorio, centro comando, nucleo del reattore a fusione, componenti abitative e centro servizi) che andava posizionata e assemblata direttamente alla quota prestabilita.
La parte difficile dell'operazione era proprio questa: rimorchiare uno ad uno i cilindri fuori dall'hangar di bordo, tramite il raggio traente di una navetta e quindi, una volta raggiunta l'orbita polare, montare la struttura completa.
Quest'ultima fase dell'operazione veniva eseguita direttamente dai membri del team della dottoressa Norton che utilizzavano per questo alcuni esoscheletri dotati di piccoli razzi direzionali e di braccia servomeccaniche.
L'efficenza dei "supposti" scienziati aveva ben presto stupito l'equipaggio della Fortuna: in meno di sette ore la struttura primaria era stata connessa ed attivata.
Senza indugi i membri del team iniziarono quindi ad attivare i sistemi di bordo e a trasferire materiale tecnicno ed effetti personali: in meno di un'ora le luci del modulo orbitale indicavano la sua piena operativita'...

Uss Fortuna, dalla finestra panoramica dell'alloggio del capitano
- Capitano, vorrei ringraziare lei ed il suo equipaggio per l'assistenza e l'ospitalita'.
La frase di rito, pronunciata in tono cosi' formale da sembrare ironico, infastidi' l'anziano ufficiale: aveva invitato a colazione la dottoressa Norton per poterla congedare in maniera consona alle tradizioni antiche della marineria terrestre che ancora ispiravano la Flotta Stellare.
Cortesia, ma anche la presunzione di poter aprire un benche' minimo spiraglio nella riservatezza della donna.
Sta di fatto che ne la tavola imbandita con cura, ne il pasto cucinato appositamente, ne il vino della riserva del capitano, avevano aperto una breccia nella dura corazza della donna.
- Dottoressa, non mi resta che augurarle...
Il suono dell'interfono impedi' a Kalt Winter di concludere la frase: - Capitano, abbiamo un problema: dovrebbe venire in plancia, possibilmente con la sua "ospite".
Istintivamente l'ufficiale e la dottoressa volsero lo sguardo alla finestra panoramica dell'alloggio e cio' che videro giustificava pienamente l'interruzione del loro pranzo.
Pochi passi li separavano in realta' dal ponte di comando della nave: nel breve tempo in cui i due raggiunsero la plancia, sullo schermo principale veniva gia' proiettato un diagramma tattico del sistema: le tre stelle (una gigante bruna e due piccole stelle nane rosse - era un sistema "antico"), il pianeta gassoso e una vasta zona colorata in blu, un grande campo d'asteroidi.
Ed era proprio quest'ultimo che, spazzato via da una improvvisa marea gravitazionale, stava per abbattersi sull'orbita del pianeta come uno tsunami di polvere stellare, detriti ghiacciati e gigantesche rocce...

Uss Fortuna, plancia
- Quanto tempo abbiamo?
- Minuti! - rispose l'ufficiale di guardia impostando freneticamente le istruzioni di calcolo alla consolle - sette, anzi sei minuti all'impatto!
- Ma cosa... com'e' possibile non prevedere un fenomeno di questa portata?
La domanda del capitano esprimeva perplessita' e non sfiducia nell'operato dei suoi uomini.
- Signore, dall'analisi dei dati a nostra disposizione sembrerebbe che una sequenza di minuscoli buchi neri sia comparsa nel sistema. - continuo' il giovane tenente cercando di scusarsi - era impossibile anche solo immaginare un fenomeno del genere e una pioggia meteorica di questa portata...
Intervenne la dottoressa: - Notizie del mio team?
- Per il momento sono sul modulo orbitale, ma abbiamo il tempo di teletrasportarli a bordo della Fortuna e posizionarci sul lato opposto del pianeta: con la sua massa dovrebbe fornirci una schermatura sufficiente.
- Cosi' perderemo tutta la nostra attrezzatura! Dobbiamo restare per proteggere gli strumenti!
- Mettendo pero' a rischio la nave e tutto il suo equipaggio? Dottoressa, francamente non mi sembra una opzione praticabile... - il capitano Winter si volto' per ordinare l'evacuazione della piccola stazione di controllo orbitale; un ordine che non riusci' mai a dare...

Il colpo di mano
- In virtu' dell'ottava direttiva generale della Flotta Stellare, alle ore 14.00 della data odierna, io ammiraglio Paula Norton, assumo il comando della Uss Fortuna. Timoniere, diriga la nave verso il modulo orbitale e lo affianchi il piu' vicino possibile. Ufficiale alle operazioni, inizi un riposizionamento d'emergenza delle boe gia' sganciate! Attiveremo gli scudi della nave alla massima estensione e all'ultimo minuto possibile.
Lo stupore percorse la plancia, gli occhi di tutti passarono dalla dottoressa Norton al capitano Winter e di nuovo alla dottoressa e al tesserino militare che stava mostrando.
- L'ottava...?
Fu un giovane cadetto vulcaniano a rompere l'impasse della situazione: - Ottava direttiva generale: il personale della Flotta Stellare e' obbligato a investigare ogni caso di sospetto spionaggio, sabotaggio e atto terroristico contro la Federazione ed i suoi alleati ...
-... in pratica - lo interruppe infastidito il capitano - gli ufficiali del controspionaggio hanno l'autorita' di cancellare una missione di routine ed assumerne il comando. -. Urgeva una decisione, Kalt lo sapeva e non indugio' oltre: - Signori, avete sentito l'ammiraglio: abbiamo un lavoro da fare. - e poi rivolgendosi direttamente al superiore - Signora, annotero' le mie obiezioni ai suoi ordini nel diario di bordo.
- Faccia come crede capitano, l'unica cosa che importa e' che da adesso in poi il suo equipaggio mi ubbidisca...


Un vascello occultato
I propulsori direzionali della Uss Fortuna stavano iniziando a dare segni di surriscaldamento.
Da ore infatti mantenevano la nave ed il modulo orbitale a rimorchio, in orbita attorno al pianeta.
Navigare in mezzo ad una tempesta meteorica era infatti fuori discussione se si voleva salvare il laboratorio e allora solo l'efficienza degli scudi si frapponeva tra la mortale "sassaiola" e la vita degli equipaggi.
Il team della dottoressa, anzi, dell'ammiraglio Norton aveva continuato ad eseguire scansioni del sistema per ricercare le cause del fenomeno: - Sospettiamo che una forza ostile stia sperimentando un nuovo tipo di arma di distruzione planetaria; in teoria l'attivazione controllata di un certo numero di minuscole singolarita' e' in grado di deformare il tessuto spazio-temporale e di generare una tempesta di immani proporzioni. Guardate l'atmosfera del pianeta sottostante come sia sconvolta dagli impatti meteorici ed immaginate al suo posto la Terra, o Bajor...
- Signora, una comunicazione dal laboratorio orbitale.
- Ammiraglio, ci siamo! L'ultima boa ancora attiva ha appena rivelato un vascello in occultamento nel sistema.
- Rilevare un vascello in quella situazione? Nessun sistema di difesa sarebbe in grado di individuare una nave tra tutti quei detriti, figuriamoci se occultata!
- Mi dispiace capitano, ma l'argomento e' top secret: dimenticate quello che avete sentito. - e poi rivolgendosi al personale del laboratorio - Preparatevi ad abbandonare la vostra postazione. Adesso, capitano Winter, dovremo lanciare l'ultima sonda che e' rimasta nella stiva di carico.
- Ho il sospetto che non sia un pacifico strumento di rilevazione... non dica nulla, ammiraglio, anche questo e' top secret...


L'onda di ritorno
- "Sonda" partita ed in rotta!
- Non ci resta che aspettare...
- Si, ma cosa?
- Si tratta di annullare la pulsazione in sequenza delle singolarita', di fermare il motore della macchina generatrice di tempeste stellari.
- Comportera' un rischio per noi? Le ricordo che siamo in una situazione piuttosto scomoda.
La donna si strinse nelle spalle senza rispondere.
- Cinque secondi all'attivazione, quattro, tre, due....
- Non ho ritorno dalla boa di rilevazione! No, ecco... le singolarita' sono state annichilite. Ammiraglio, ce l'abbiamo fatta! - l'equipaggio della Fortuna e il team dell'ammiraglio esultarono all'unisono e la voce dell'operatore venne coperta per qualche secondo - ...vo fronte isolitico in arrivo e una possibile lacerazione del tessuto spazio temporale...


L'unica decisione possibile
La battaglia nel settore "dei Rovi" tra l'Enterprise del comandante Riker e le navi dei Son'a era ormai materia d'insegnamento fin dal primo anno dell'Accademia: uno dei punti salienti era dato dal fatto che una lacerazione del tessuto subspaziale causata da armi isolitiche poteva venire richiusa con la deflagrazione del nucleo di curvatura di una nave stellare.
- Ma, tra la teoria e la pratica... - penso' il capitano Winter - ...c'e' una grande distanza. Tenente, inizi il teletrasporto del team dal laboratorio orbitale. Sala macchine, qui il capitano: preparatevi all'espulsione del nucleo di curvatura. Timoniere, imposti una rotta suborbitale: metteremo il pianeta tra noi e l'esplosione.
Tutti sapevano cosa significava quell'ordine: anche ammesso che la lacerazione si fosse sigillata e che la nave fosse sopravvissuta all'esplosione, si sarebbero trovati improvvisamente isolati nel sistema, a decine d'anni luce da qualsiasi soccorso.
- Capitano, verrano a certamente a salvarci, non e' vero? - la voce del cadetto tradiva la speranza che era di tutti.
- Temo di no. Questa volta dovremo cavarcela da soli: dubito che la Flotta Stellare sappia la nostra esatta locazione in questo momento: procedura standard. Dico bene ammiraglio?
- Capitano, la prego di portare a termine quello che va fatto e di dare disposizione per sganciare le boe con le registrazioni degli ultimi avvenimenti. A questo punto la cosa importante e' di far avere ai "Servizi" l'esito delle nostre "ricerche". Per quel che vale le rilascio il comando della nave.
- Grazie ammiraglio. Sala macchine, sganciare il nucleo di curvatura, ora! Timoniere, massima velocita' d'impulso...


Una nave alla deriva
La Fortuna era sopravvissuta.
A dispetto delle poche possibilita' di uscirne, l'antiquata astronave non era stata disintegrata dall'immensa esplosione quando la materia e l'antimateria del nucleo erano venute a contatto.
Ora galleggiava nello spazio, le luci di navigazione spente, senza energia, propulsione, supporto vitale...
- Capitano, questa volta e' brutta.
La voce del primo ufficiale arrivava negli auricolari del casco lievemente distorta, con i toni piu' acuti del solito.
- Speranza di riattivare almento le comunicazioni interne?
- Nossignore, possiamo solo creare "ponti radio" con le trasmittenti dei nostri caschi.
Un suono cupo rimbombo' in plancia.
- E questo cos'...
- Direi che abbiamo urtato contro un detrito.
Muovendosi a fatica Kalt Winter raggiunse uno degli oblo' e si afferro' al bordo per osservare l'esterno: vide cosi' l'origine del rumore.
- Che mi venga un... E' il relitto del laboratorio.
- Il raggio traente ha funzionato fino all'ultimo e ce la siamo trascinata dietro come un cagnolino con il guinzaglio... non sembra in ottime condizioni, pero'.
- Mai dire: quando ci sono i "Servizi" di mezzo, le sorprese non mancano.
- Gia', immagino... guardi capitano - disse l'ufficiale che aveva raggiunto l'oblo' d'osservazione - quelli non sono pannelli solari? Alcune celle sono fuse, ma quelle sul lato di dritta sembrano integre.
- Comandante, trovi un paio di volontari: credo che sia il momento di una piccola escursione extraveicolare...E, ammiraglio, la pregherei di comunicare ufficialmente ai suoi uomini che l'emergenza e' finita e che riprendo il comando della mia nave. Da questo momento in poi dovremo dimostrare spirito di sacrificio, adattabilita' e altruismo. Uniti sopravviveremo!


Spazio, ultima frontiera...
Il radiofaro d'emergenza della Uss Fortuna venne captato da un mercantile tellarite sei mesi dopo: grande fu lo stupore del suo capitano e dell'equipaggio intero quando arrivarono a distanza sufficiente per vedere con i sensori ottici una vecchia astronave della Federazione che arrancava ad un decimo di velocita' d'impulso nel bel mezzo del nulla interstellare.
Lo scafo ammaccato e abbrustolito, alcune piastre mancanti, segni visibili di riparazioni temporanee e certo non "standard" per i criteri della Flotta Stellre.
- Buongiorno, qui e' la Uss Fortuna, felici di vedervi.
- Ehm Fortuna, qui il cargo "Last Chance": avete bisogno d'assistenza?
- Ve ne saremmo grati: la radio subspaziale e' fuori uso, siamo a corto d'acqua ed i replicatori alimentari funzionano al minimo. Detto tra noi qualcuno dell'equipaggio arriverebbe a vendere la madre per una doccia, un panino con la mortadella ed un caffe' bollente.
- Ricevuto Fortuna, stiamo contattando la Flotta Stellare per farvi inviare una nave soccorso. Nel frattempo preparatevi a ricevere un container di razioni alimentari e qualche extra, con gli omaggi del capitano.
- Grazie "Last Chance", un giro di birra romulana pagata per quando ci rincontreremo in tempi migliori...
- Per il nostro diario di bordo, potete dirci cosa e' successo?
- Oh! - rispose il capitano Winter strizzando l'occhio ad uno stizzito ammiraglio dei servizi segreti, sorpreso nell'atto di sorbire le ultime gocce di the alle erbe boliano - Un piccolo contrattempo che ha animato una crociera di routine. E che abbiamo risolto con un tiro di dadi fortunato in una situazione non molto favorevole.

... questi sono i viaggi dell'astronave Fortuna...

sabato 23 maggio 2009

Nuova iniziativa narrativa su WebTrek Italia e TuttiScrittori

Approfitto di questa nuova iniziativa (che, vedrete, ha molto a che fare con Star Trek) che stiamo promuovendo su WebTrek Italia oltre che sul sito della comunita di TuttiScrittori (http://www.tuttiscrittori.it), per inviare un saluto all'equipaggio della Uss Princess.
Fatevi sentire ogni tanto!

Kalt

martedì 24 marzo 2009

Buon compleanno

Ciao a tutti, questo non è un brano, è solo perché icq mi ha ricordato una cosa: il giorno 26 marzo è il compleanno del nostro Mirko, e siccome so già che probabilmente domani e dopodomani non riuscirò a collegarmi, faccio già gli auguri al nostro buon dottore.
Un bacio grande Mirko, cento di questi giorni e, se possibile, anche di più.

domenica 25 gennaio 2009

Gioco narrativo su WebTrek Italia e TuttiScrittori

Vi segnalo un'iniziativa, credo divertente, organizzata da WebTrek Italia (che immagino conosciate benissimo) e TuttiScrittori, un sito dedicato alla narrativa.
La sfida e' raccontare un “pianeta invisibile” (ispirandosi al bellissimo libro di Italo Calvino "Le citta' invisibili") in meno di 300 parole.
I migliori racconti che perverranno sul blog di TuttiScrittori verranno successivamente pubblicati in uno speciale Atlante dei Pianeti Invisibili.
Insomma, si tratta di "un’esplorazione attraverso la galassia della fantasia, percorrendo nebulose metaforiche e sistemi remoti nello spazio e nel tempo."
Affascinante, direbbe piu' di un nostro amico :-)

Fatevi sotto!

Kalt