giovedì 22 maggio 2008

Convalescenza difficile

Serel sedeva in silenzio nel parco del grande ospedale federale.
Aveva cercato una panchina appartata, il più lontana possibile dalla confusione di pazienti e visitatori che affollavano il giardino della struttura a quell'ora. Lontana dal rumore. Da quello vero, ma, soprattutto, da quello dentro la sua testa.
Non sapeva cosa le stesse accadendo. I medici l'avevano dichiarata completamente rimessa dal violento trauma cranico riportato sulla Princess, e l'avrebbero dimessa di lì a poche ore. Ma qualcosa era diverso.
Non ricordava quasi nulla dell'incidente. C'era stata una discussione violenta con il comandante Guerrero, questo lo rammentava. Il tenente le aveva impedito di scendere su Rare Rainbow con l'away team, poichè Serel non era in perfette condizioni fisiche. Quanto si era infuriata! Poi c'era stato l'attacco, e i ricordi si facevano confusi: la corsa lungo i corridoi della nave, l'urto violento, lo schianto, poi il buio. Il buio e gli incubi.
Quando si era risvegliata, in una stanza dell'ospedale federale, qualcuno le aveva detto che parte di una paratia si era spezzata, colpendola in piena fronte, e che lei era stata in coma per diverse settimane, dopo. Giorni e settimane in cui tante cose erano cambiate: il tenente Guerrero ormai non c'era più, la Princess aveva sfiorato per l'ennesima volta la catastrofe, e gli altri membri dell'equipaggio si erano trovati ad affrontare prove durissime nel frattempo. Mentre lei...

Cosa era successo durante quel coma nella sua testa? Qualcosa era cambiato, Serel lo sapeva. Da quando si era risvegliata, le era diventato quasi impossibile controllare il suo potere di percepire le emozioni altrui: esse la colpivano in modo imprevisto, quando meno se l'aspettava, a volte così tante insieme da provocarle malessere. Per questo se ne stava così appartata e sfuggiva gli altri pazienti: il dolore e la paura erano le sensazioni più diffuse, in quel luogo. Ed erano così forti da provocarle come uno scroscio di cascata nel cervello, quasi insopportabile.
Serel si guardò le mani, contratte dalla tensione, sforzandosi di distenderle. Qualcosa di simile le era già accaduta, tanti anni prima. Un periodo che non avrebbe mai dimenticato, quando la lettura involontaria delle emozioni altrui, la recettività alle sensazioni che era incapace di controllare, l'aveva quasi annientata. Non voleva che succedesse di nuovo. Non doveva succedere!
Alzò gli occhi a guardare un gruppo di persone in lontananza. Le apparivano come tante macchie colorate. O meglio, come bolle. Ognuno avvolto in un proprio guscio variegato.
Ecco, quella era una completa novità. Le succedeva da vari giorni, ormai. Mancava soltanto che ora si mettesse a vedere anche le auree...
In realtà non aveva idea se si trattasse davvero di ciò che la gente identificava come auree, o se quei contorni colorati fossero soltanto delle visioni sinestetiche delle emozioni che animavano le persone, a lei percebili come tutto il resto. Comunque, il fatto era che ai suoi strani sintomi si era aggiunto anche quello. Serel sperava soltanto che fossero tutti delle conseguenze temporanee dell'incidente, e che sarebbero scomparsi col procedere della convalescenza. Si sforzava di non dar loro peso, ma in realtà ne era molto preoccupata, e ancora non aveva voluto parlarne allo psicologo dell'ospedale.

In quel momento vide una persona venire verso di lei lungo uno dei sentieri ghiaiati del parco. Era una donna; nonostante gli abiti casual, aveva un portamento quasi marziale. L' "aura" che la circondava era di un color grigio acciaio, venato di uno sgradevole rosso metallico. Si fermò davanti a Serel sfoderando un sorriso eccessivamente allegro e, prima di una qualsiasi reazione da parte dell'ufficiale scientifico, si sedette accanto a lei sulla panchina, afferrandole una mano e rivolgendole un saluto affettuoso. Poi, davanti all'espressione trasecolata di Serel, si affrettò ad abbassare la voce e a sussurrare, seria:
- Regga il gioco. Ho detto di essere una sua cara amica!
Contemporaneamente aprì il palmo e mostrò a Serel un distintivo, che subito riscomparve in una tasca nascosta dei suoi abiti. Il tenente Nyala trasalì.
- Stia tranquilla, l'area è stata controllata, qui nessuno può vederci o sentirci. Anche l'impianto di sorveglianza non ci sta inquadrando - continuò la donna.
- I servizi segreti? - mormorò Serel, ancora più stupita, decidendosi infine a parlare - Che sta succedendo?
- La vedo in forma, tenente Nyala - proseguì l'altra, ignorando la domanda - I medici hanno confermato che sta bene, e che può tornare in servizio anche subito.
Serel rimase in silenzio, preferendo non contraddirla. Si limitò a fissarla in modo eloquente. L'altra distolse lo sguardo:
- Ci farebbe comodo che lei si riunisse ai suoi colleghi quanto prima. Il personale della Princess si occuperà di una faccenda... delicata, diciamo... per il governo federale, e la sua collaborazione sarebbe oltremodo preziosa - le sue parole erano cortesi, ma il tono con cui le pronunciava imperioso.
- Credevo che l'equipaggio della Princess fosse in licenza su Galan II e la nave ancora nei cantieri, in riparazione... - obiettò Serel, perplessa.
- Caso vuole che proprio Galan II sia il fulcro della missione affidata ai suoi colleghi - sogghignò la donna - Non è curiosa di saperne di più?
In breve mise Serel al corrente della situazione e di ciò che le veniva richiesto. Alla fine del racconto tacque, aspettandosi una qualsiasi reazione da parte della sua interlocutrice, ma l'ufficiale scientifico rimase in silenzio, assorta.
- So che lei ha un'ampia preparazione nelle lingue non-terrestri, - riprese allora, un po' innervosita - e che ha già avuto contatti positivi con rappresentanti di questa specie. I nostri referenti hanno accettato di averla come mediatrice. Sarebbe davvero... sgradevole se lei rifiutasse di aiutare la Federazione a risolvere questo piccolo problema... - di nuovo, le sue parole sembravano gentili, ma esprimevano un'esplicito ordine. Serel sospirò.
- Non mi lasciate molta scelta, vero? - sussurrò in tono tagliente, fissando l'agente dei servizi segreti con uno sguardo carico di disapprovazione. Odiava venire forzata a fare qualcosa!
- D'accordo - proseguì - Mi dica quando devo raggiungere il resto dell'equipaggio.
L'altra donna sorrise, soddisfatta, ma senza alcuna cordialità:
- Mi ha fraintesa: non dovrà unirsi subito ai suoi colleghi. Saranno loro a raggiungerla. Lei dovrà entrare immediatamente in contatto con l'ambasciatore °°° e stabilirsi al loro quartier generale. Lei sarà la nostra testa di ponte, diciamo...