lunedì 13 luglio 2009

Solo un piccolo punto nello spazio...

Tempo zero.
E' una microscopica smagliatura nel tessuto dello spazio-tempo.
E' invisibile, almeno nelle prime tre dimensioni canoniche ma, ad un ipotetico strumento in grado di osservare le stringhe enne-dimensionali che si aggrovigliano a formare l'universo, apparirebbe come un'enorme falla al calor bianco.

Tempo + uno.
Il cuore pulsante dell'anomalia viene attraversato da una particella reale "quasi" priva di massa; un unico, innocuo, neutrino.
Tutto cambia in un lampo di luce attinico.

La Uss Princess, nella sua missione di nave scuola per i cadetti della Flotta Stellare, aveva lasciato alle sue spalle la base commerciale ferenghi per inoltrarsi in una zona ancora inesplorata della galassia.
Durante la breve sosta tecnica aveva imbarcato diverse casse di materiali "esotici" che la tecnologia dei replicatori non poteva rimaterializzare, misteriosi passeggeri erano sbarcati diretti verso altrettanto sconosciute destinazioni, i cadetti avevano acquistato ricordini "alieni" per le famiglie sulla Terra ed infine un nuovo complemento per l'equipaggio era stato arruolato ed imbarcato.
Adesso l'astronave viaggiava nel bel mezzo del gelido nulla a velocità d'impulso.
I cadetti, alla loro prima crociera, si affannavano alle postazioni dei sensori per mappare quella landa ignota.
Database si riempivano di informazioni, nuove carte planetarie venivano disegnate, comete catalogate e asteroidi erranti segnalati.
Il facente funzione di guardiamarina Kalt Winter era stato invece destinato alla sezione Operazioni, ovvero il candidato ideale per tutta una serie di lavori di routine, tanto umili quanto noiosi.
Così se ne stava, a bordo di una minuscola capsula di servizio alla ricerca di microfalle nello scafo secondario.
Uno degli strumenti catturò l'attenzione del boliano: lieve perdite di refrigerante dai condotti esterni, ovvero l'ennesima voce di una lunga lista di interventi manutentivi da eseguire una volta a bordo.
Kalt provava una strana sensazione: si sentiva un insignificante granello di materia senziente, perso in un immenso, indifferente e gelido, mare.
Ma, riflettè, fatte le debite proporzioni l'intera nave, con il suo carico di giovane umanità, non era altro che un minuscolo punto perduto alla fioca luce delle stelle.
Il boliano si consolò pensando al drink tiepido che lo aspettava al Bar di Prora e, così distratto, non si accorse del tenue lampo transdimensionale che aveva appena attraversato l'intero quadrante.

sabato 11 luglio 2009

Incontri

> "Un thè di jumja per cortesia!". Nemmeno a dirlo quegli occhi verdi e quel sorriso erano
> di nuovo lì proprio davanti a lei.

Ryo non poté fare a meno di fissarla. Del resto era un bel bocconcino, e lui rimaneva pur sempre un playboy. E poi quella smorfia che aveva fatto quando l'aveva guardata la prima volta, lo faceva ben sperare. Probabilmente era stata colpita dal suo inesauribile fascino. Non lo abbandonava mai, neppure in disgrazia. Carico di queste convinzioni, domandò:
"Ciao... scusa, ma... ci conosciamo?".
"Non personalmente".
"Poco male, a questo si può facilmente rimediare".
Maeve osservò divertita il sorriso spavaldo del ragazzo al di là del bancone. Era evidentemente uno che aveva sempre avuto vita facile con l'altro sesso, ma di certo non era uno studente di medicina. Di conseguenza non poteva essere quel... quel... oddio, come si chiamava?
"Mi chiamo Maeve Fletcher. E devo chiederle scusa, non so perchè ma mi ero convinta che fosse lei quel ragazzo che... insomma... non vorrei passare per una pettegola, ma ha sentito la storia del commodoro Troisi, no?".
Ryo alzò gli occhi al cielo. Probabilmente ne era già a conoscenza l'intero quadrante.
"Qualcosa, sì".
Maeve continuò a briglia sciolta. Non era da lei aprirsi tanto con un perfetto sconosciuto, ma quel ragazzo aveva qualcosa che le ispirava fiducia.
"Sembra che fosse un cadetto all'ultimo anno di medicina. Chissà che fine gli avrà fatto fare il commodoro, dicono che sia un tipo piuttosto vendicativo...".
"Già, così dicono... sarà stato sicuramente spedito a calci a prestare servizio in qualche buco... chissà dove".
"Mi fa pena. Starà chiedendosi se è valsa la pena di giocarsi la carriera per una squallida avventura sessuale".
Se ne era valsa la pena? Per quella sventola spaziale di Monica Cooper? Certo che sì! Anche se la parte razionale di Ryo ancora si ostinava a rifiutarsi di ammetterlo."Eh, ma sai com'è... c'e n'è un bel pò di gente squallida in giro...".
"Questo è vero. Lei invece sembra essere proprio un bravo ragazzo. E' molto che lavora come barista?".
Liry aveva sentito tutto, e stava facendo uno sforzo di volontà pazzesco per riuscire a non ridere.
Nonostante questo, Ryo riuscì a cogliere il lampo di divertimento nello sguardo della giovane deltana e alzò di proposito la voce, per farsi sentire.
"Eh, è una vita ormai. E' dura ma non mi lamento. Non sarà il migliore dei mestieri possibili ma non ho i doveri e le responsabilità di voi futuri ufficiali, conosco un sacco di gente interessante, giro per la galassia e, una volta finito il mio turno, sono davvero libero come l'aria".
Maeve gli sorrise dolcemente. "Lei è il primo ragazzo che conosco a non avere voglia di scalare le gerarchie. Di diventare qualcuno ad ogni costo. Ha un che di poetico".
Certo, pensò Ryo. Con una carriera ormai rovinata in partenza, tanto valeva darsi alla poesia. Forse era davvero l'unica strada che gli rimaneva.
"Sono felice che la pensi così. Odio questa voglia di volere eccellere a tutti i costi tipica del nostro tempo".
"Beh, purtroppo temo di far parte anch'io della categoria di quelli che vogliono eccellere nel proprio campo. Ma questo non vuol dire che non apprezzi chi ha deciso di vivere la vita diversamente".
Ancora un sorriso. Ryo pensò che poteva bastare, che il più era ormai fatto.
"Allora posso sperare di averti a cena una di queste sere, quando saremo entrambi liberi dai nostri obblighi?".
Maeve sorrise, e quell'ennesimo sorriso per Ryo significava vittoria. "Perchè no".
Anche Liry sorrise. Il ragazzo ci sapeva fare. Era a bordo da poco più di una settimana, e quella giovane cadetta non era certo la prima ragazza a cadere nella sua rete.
Ma d'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, l'imprevisto.
"Ryo Hunt!", esclamò la ragazza.
Liry si girò di scatto. "Lo conosci?".
"Eh? No, no. E' solo il nome di quello squallido ragazzo della storia del commodoro, non riuscivo a ricordarlo".
Lo squallido ragazzo di nome Ryo Hunt incassò il colpo e iniziò a studiare le possibili contromisure a quella tegola appena cadutagli tra capo e collo. Era evidente che la ragazza nutrisse una certa simpatia per il barista, ma una spiccata antipatia verso il medico. Che poteva fare? Darle un nome falso? E quando l'avesse scoperto?
"Non esagerare. In fondo nessuno conosce davvero tutta la storia".
"E cosa c'è da sapere? E' un bastardo che si è portato a letto la moglie di un altro uomo".
Un altro colpo. Incassa Ryo, incassa.
"E non di un uomo qualsiasi, la moglie del suo mentore. Dicono che il commodoro Troisi fosse come un secondo padre per lui. Eppure non ci ha pensato due volte a tradirlo per soddisfare i suoi più bassi istinti. La cosa ha un che di animalesco, non trovate?".
Liry annuì, allo stremo del divertimento. "Sì, infatti. Per me il ragazzo non riesce a controllarsi".
Maeve continuò, spietata come solo le donne sanno essere. "Per i ragazzi dell'accademia è una specie di supereroe, un modello da imitare, un maestro da raggiungere. Ma per me non è altro che uno squallido arrivista senza morale, che non conosce la lealtà, che non rispetta niente e nessuno".
Ryo non ce la faceva più. "Se posso dire una cosa..."
"Certo".
"Non era la moglie del commodoro! Era una ragazza qualsiasi, stavano insieme soltanto da pochi mesi, e poi... è stata lei ad andare da Hunt!". Bene, Ryo. Parla di te in terza persona.
"Questo non lo giustifica".
"Certo che no, dannazione!".
Ryo uscì dal bancone e con molta fretta si infilò una giacca scura sugli abiti civili. Maeve assistè a tutta la scena piuttosto sconcertata, e non trovò niente di meglio da domandargli che della cena che avevano in programma.
"Senti, lasciamo perdere. E' meglio".
Maeve sorrise ancora. Non riusciva a capire cosa avesse improvvisamente guastato la loro conversazione. "Posso avere almeno il mio tè di jumja?".
"Chiedi a Liry. Oppure sentiti libera di servirti ad un replicatore qualsiasi. Il mio turno è finito dieci minuti fa".
Ryo ormai era vicinissimo alle porte del turbo ascensore.
"Ma... si può sapere dov'è che scappa, tanto di fretta?".
"Se proprio vuoi saperlo, ho un appuntamento con una ragazza in sala ologrammi. Come vedi c'è anche chi riesce ad apprezzare un ragazzo famoso in tutto il quadrante per il suo squallore. Arrivederci, e tanti auguri per la carriera".
E, detto questo, varcò le porte e scomparve dalla vista degli astanti.
"Ecco il tuo tè, Maeve".
Il suono morbido della voce deltana spinse la bajor/umana a rivolgersi nuovamente al bancone, allibita. La consolò trovarsi di fronte la tazza con la sua bevanda preferita e, dietro di lei, la sorridente Liry.
"Ma che gli è preso?", le domandò, non riuscendo a capacitarsi del comportamento di quello strano ragazzo che non le aveva neanche detto il suo nome.
Liry non ce la fece più a trattenersi, e scoppiò a ridere. "Ragazza mia, davvero non l'hai ancora capito? E' lui Ryo Hunt".

Due giorni dopo, base stellare 876.

Dove diavolo era finita Liry? Si era offerta di fargli da guida turistica per la sua prima franchigia su una base stellare ferengi, eppure si erano persi di vista tra la moltitudine di gente di tutte le razze che affollava la passeggiata. Ryo sbuffò, non si sentiva a suo agio in quella calca.
Decise di riparare in uno dei tanti locali, per bere qualcosa.
Si accorse solo troppo tardi che era in programma uno spettacolo sensuale interpretato da bellissime schiave di orione, ma la cosa non gli dispiacque affatto. Ryo le vedeva adesso per la prima volta, e fu costretto ad ammettere che erano davvero affascinanti e seducenti come si raccontava.
"Sono fantastiche, non è vero?".
Il ragazzo accolse con una punta di fastidio l'intrusione di quel ferengi che si era materializzato al suo fianco, interrompendo bruscamente i suoi pensieri e le sue fantasie. Ma decise di essere gentile, dopotutto i ferengi gli ispiravano simpatia. "Sono una favola".
"Se vuoi, puoi averne una per pochi crediti".
"Proposta allettante, amico. Ma purtroppo non riuscirei a godermela, tra poco devo imbarcarmi di nuovo, e a me non piace fare le cose a metà".
"Imbarcarti? Sei su un mercantile o cosa?".
"Una nave della Flotta, la USS Princess".
"La Flotta Stellare! Fantastico! Sei fortunato, abbiamo delle offerte speciali per gli ufficiali".
"Caschi male, sono solo un cadetto. Anzi, sono solo un barista".
L'elastica mente da commerciante del ferengi fece rapidamente due calcoli, e decise che quello sprovveduto ragazzo era il pollo ideale a cui appioppare quel fastidioso prototipo, ora che non serviva più a nulla. Quel Rem era un dannato idiota, aveva sprecato un sacco di tempo e denaro nelle sue ricerche e, ora che il loro progetto stava progredendo, non era nemmeno riuscito a piazzare quel dannato prototipo. Ora finalmente gli si presentava l'occasione di venderlo come gadget sessuale a quel ragazzo col debole per le belle donne, e rientrare almeno in parte delle spese causate dall'investimento iniziale. Rem non sarebbe stato d'accordo, non sarebbe stato contento, ma alla fine sarebbe stato costretto a cedere. Se voleva essere suo socio avrebbe dovuto imparare anche lui a sottostare alle leggi del mercato, del resto gli affari sono affari, ed è da stupidi affezionarsi alla mercanzia. "Ho proprio quello che fa per te, seguimi amico".

venerdì 10 luglio 2009

Base Stellare 876

Il serosiano era seduto in quella bettola Ferenghi mentre aspettava che il proprietario finisse di discutere con un paio di avventori e andasse a parlare con lui. Rem teneva sulle ginocchia una borsa dove aveva nascosto il proiettore olografico portatile che aveva approntato. Beh, più o meno portatile, perché pesava parecchio, ma anche quello era un prototipo. Con un po' di finanziamenti in più avrebbe potuto perfezionare la sua invenzione e allora sì che sarebbe diventato ricco. Gli occhi al pensiero gli brillarono, ma si ricompose allorché il Ferenghi andò al suo tavolo: "Allora, mio caro inventore in bolletta, cosa mi volevi proporre?"
"Beh... una società. Io metto il mio lavoro, tu i soldi, vedrai quanti quattrini faremo insieme appena appronterò la mia invenzione. Faranno la fila per comperare il brevetto."
"Sì sì, questa l'ho già sentita migliaia di volte." tagliò corto con un gesto il Ferenghi.
"No, aspetta, volevo darti una dimostrazione, è solo un prototipo e va perfezionato. Hai un posto riservato?"
Il Ferenghi lo fissò dubbioso, poi scrollò le spalle e fece un gesto: "Certo, andiamo nel retro, c'è il mio ufficio e lì di solito non mi disturba nessuno."
I due si alzarono e andarono sul retro, lì il Ferenghi chiuse a chiave la porta e si sedette in attesa. Rem emozionato tirò fuori il macchinario, lo posizionò sulla scrivania e lo accese.
Subito un ologramma tridimensionale si materializzò e si presentò: "Buongiorno sono la proiezione isomorfa PK-23, in cosa posso esservi utile?"
Il Ferenghi per la sorpresa a momenti cadde dalla sedia, p0i si alzò per esaminare quello che aveva davanti.
Dopo un tempo interminabile in cui continuava a sfregarsi le mani e a toccarsi i grandi lobi, si voltò verso Rem: "A cosa serve?"
Rem lo fissò perplesso: "Beh... io l'ho programmata per le manutenzioni delle navi..."
"Qui non serve. Qui serve qualcos'altro. Puoi costruirne altre? Di altro aspetto? Razze? Tutte diverse insomma."
Rem era sempre più incerto: "Beh... sì, è possibile ma ci vuole tanto lavoro e tanto denaro e..."
"Non c'è problema... al denaro ci penso io, al lavoro ci pensi tu, la società è fatta: le venderemo per qualunque servizio le vogliano, se capisci cosa intendo. Puoi programmarle in qualunque modo, giusto? Quindi a servire e compiacere anche."
A quel punto Rem iniziò a capire cosa voleva fare il Ferenghi.
Guardò l'immagine olografica per un momento, poi si riscosse e andò a spegnere il proiettore, mormorando uno "Scusa piccola, non sono cose che devi sentire."
Poi si voltò verso il Ferenghi: "Posso costrirne altre, ma questa la devo perfezionare per quello che voglio io. Se vuoi che entriamo in società, devi permettermi di finire il prototipo e vedere se lo posso vendere per i servizi che ho programmato. Poi te ne costruirò delle altre per i servizi che vuoi tu." Disse con fare deciso.
Il Ferenghi annuì: "D'accordo, finisci il prototipo, hai una settimana per finirlo e venderlo, alcune navi della federazione attraccheranno presto, quindi potrai vedere se riuscirai a piazzarla. Poi però me ne costruirai almeno dieci come dico io. Se la cosa va... diventeremo molto molto ricchi, te lo posso assicurare."
"D'accordo, allora posso dire di mettere sul tuo conto quello che mi serve?"
"Certo, tu di che ti manda Kileor, vedrai che ti daranno tutto quello che vuoi."
"Affare fatto allora." concluse Rem incerto.
"Affare fatto!" disse il Ferenghi dandogli una pacca sulla schiena.

Erano nel magazzino e Rem stava inventariando il materiale acquistato a credito.
L'ologramma era immobile che osservava a sua volta.
Rem la fissò: "Allora... se tutto va bene, dopo questa messa a punto ti porterò a visitare qualche nave... e magari potremmo trovare anche chi ti vorrà prendere con sé."
"Non andava bene, dove siamo stati prima?"
"No, quello non è il posto giusto per te."
"Perché signore?"
"Perché... beh fidati, non è il posto per te."
Pk-23 alzò le sopracciglia sembrando ancora più vera: Rem si complimentò con se stesso, aveva fatto proprio un buon lavoro. L'unica cosa era rendere quel proiettore più piccolo possibile e di conseguenza trasportabile.
"Signore... perché mi ha chiamato Pk-23?"
"P sta per prototipo."
"E il resto?"
"Sei curiosa per essere un ologramma, - sorrise Rem - K sta per Kilian, che poi è il nome della mia ex, e 23... beh, 23 sono i mesi che siamo stati insieme."
"Ho capito signore, grazie signore."
"Chiamami Rem."
"D'accordo Rem, grazie." sorrise Pk.
Rem rimase abbagliato: Killian... non era mai stata così dolce... ma lo sarebbe diventata se fosse riuscito a tornare da lei ricco sfondato, pensò con un sogghigno.

mercoledì 8 luglio 2009

Due occhi verdi

2371, era un anno che era arrivata all’Accademia e non era cambiato poi molto nella sua vita. Tutti i fine settimana a casa a due passi, il solito giro con l’amica di sempre Lorelai, e lo studio. Già era al secondo anno ma veniva considerata lo stesso una matricola spesso e volentieri, la guardavano con un briciolo di curiosità, soprattutto quel nasino che si ritrovava. Si guardava attorno, decisa più che mai a continuare con l’idea che si era fatta inizialmente: laurearsi in chimica ed astronomia, arruolarsi per diventare un ufficiale scientifico anche se papà non era propriamente d’accordo. Maeve Fletcher camminava lungo quel lungo viale alberato che l’avrebbe portata a seguire il corso di chimica organica quando di colpo venne urtata abbastanza violentemente da un ragazzo che correva nella direzione opposta.
"Dannazione a te, fai più attenzione la prossima volta!" brontolando come naturale, osservando quel ragazzo che appena imbarazzato sorrideva e si scusava. Gli occhi la colpirono, quegli occhi verdi che penetravano dritti nell’animo. Scosse la testa come per riprendersi ed entrò nella sua aula. Era tutto un chiacchiericcio, tutti parlavano di altro, di quello che si diceva del commodoro, prese posto accanto a Lorelai come al solito ma anche lei pareva interessata a quelle voci.
"Che diavolo sta succedendo qui? Non si fa lezione?" mormora verso l’amica
"Eve tu non sai che è successo, insomma pare che un cadetto alquanto affascinante fosse l’amante della moglie del commodoro"
"E allora? Cosa importa a noi?" domandò perplessa.
"Si fanno ipotesi sul nome del cadetto, e quando tutti erano concordi con un unico nome un ragazzo è uscito da qui rapidamente, pare sia Ryo Hunt, lo conosci?"
"Io? E come potrei?" fissando l’amica.
"Non so fa medicina, ma non riesco a focalizzarlo nel mio corso probabilmente è più grande, anzi di sicuro. Magari l’avevi notato mentre mi aspettavi qualche volta, no?"
Per un secondo Maeve ripensò al ragazzo che l’aveva urtata poco prima, poi si diede della stupida, sarebbe stato troppo fantascientifico che lei avesse incontrato, anzi si fosse scontrata con la persona più chiacchierata dell’intero campus. Nell’aula entrò un uomo non molto anziano, un ammiraglio pareva, subito il silenzio calò e tutti fissarono quella figura rossa ai piedi della cattedra. "Ho un annuncio da fare, fra una settimana circa partirà una nave scuola, voglio imbarcare due persone di quest’aula, gli interessati dovranno sostenere un test. I due fortunati saranno contattati e si imbarcheranno."

Una settimana dopo a bordo della Uss Princess
Maeve si aggirava per i corridoi cercando di memorizzare i punti chiave di quella nave senza dover essere costretta a chiedere informazioni al computer ogni cento metri.
Aveva salutato a malapena, dopo il test ed essere stata informata che era stata scelta, Lorelai ed Henry McMenox, quella testa calda di uno scozzese con cui era diventata amica dopo aver discusso per più di due ore sulla popolazione cardassiana. Ora si trovava lì, spaesata e sola, più del solito, dove non conosceva nessuno e tutti osservavano i suoi gradi inesistenti. "Dannazione a me che ho fatto quel test" mormorò entrando nel bar "e dannazione a me che ho accettato di venire quassù con quel borioso del cadetto Finnish entrato qui solo perché figlio di…" sedendosi stancamente sullo sgabello del bar "un thè di jumja per cortesia!". Nemmeno a dirlo quegli occhi verdi e quel sorriso erano di nuovo lì proprio davanti a lei.

lunedì 6 luglio 2009

A bordo della nave scuola

C'erano volte in cui a Ryo sembrava di non avere mai davvero avuto un passato, e la vita gli pareva iniziare soltanto nell' istante che stava vivendo nel preciso momento in cui veniva assalito da questo assurdo pensiero. In quei momenti i ricordi gli apparivano come sfocati, distanti, irreali, disegnati coi contorni sbavati dei sogni, e finiva sempre col chiedersi chi mai avesse organizzato per lui una simile messinscena, in un certo senso rifiutando vilmente l'assioma secondo cui il presente in cui ci muoviamo non è altro che la conseguenza delle nostre azioni passate.
E comunque fingere di non avere avuto un passato per non dover ammettere le proprie responsabilità per gli errori commessi non lo faceva stare meglio. Mai.
Era davvero nato a New York? Si era davvero laureato? Aveva davvero conosciuto il commodoro Troisi e fatto del sesso con la sua giovane compagna?
Ma, sopratutto, si era davvero imbarcato su quella nave?
USS Princess, NCC-22751, nave stellare di classe Galaxy. Grado guardiamarina, mansione ufficiale medico in seconda.
Ricordi. Sogni.
"Ehi, va tutto bene? Attento con quel bicchiere".
"Sì, sì. Sono solo un pò sovrappensiero".
La bella deltana al suo fianco gli sorrise. Era evidente che quel bel ragazzo gli stava nascondendo qualcosa, e adesso la sua curiosità femminile voleva a tutti i costi sapere cosa.
"Senti Ryo, è quasi una settimana che ci conosciamo. Non hai fatto nient'altro che stare qui al bar a bere, ridere, scherzare e flirtare con le ragazze. Eppure ci sono momenti in cui ho l'impressione che vorresti essere altrove. Sei uno strano tipo, sicuro di essere nel posto giusto?".
"Hai intuito da vendere, Liry. Credimi, non dovrei essere qui. Non ora, almeno".
"In che senso?".
"Ecco, vedi, io...".

Una settimana prima, a bordo della USS Princess, orbita di Marte. Infermeria.

....ero felice, una settimana fa. Finalmente ero a bordo di una vera nave stellare, e l'infermeria mi parve fin da subito efficiente, ben organizzata e piena di belle infermiere, sopratutto.
Avevo appena strizzato l'occhio ad una di queste quando fui intercettato dall'ufficiale medico capo, il mio diretto superiore. Sì, Liry. Non interrompermi, ti prego. Capirai tutto più avanti.
"Giovanotto, potrei sapere cosa ci fa lei qui? A parte importunare le mie infermiere, ovviamente".
"Ehm, mi scusi. Piacere di conoscerla dottor Vento. Sono il cadetto Ryo Hunt, e sarò felice di farle da secondo, appena mi avrà conferito il grado di guardiamarina".
Mi ero documentato prima di salire a bordo. Il dottor Vento aveva fama di essere un uomo dal carattere allegro, un buontempone, percui non mi preoccupai troppo quando lo vidi mettersi a ridere, così fragorosamente da sembrare fuori luogo.
"E così è lei il cadetto Hunt! Che piacere conoscerla, amico! La sua fama la precede!".
"La ringrazio, dottore. Non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa. Nè di avere una fama che mi precedesse, a dire il vero".
"Ma scherza?! Lei è riuscito a portarsi a letto la compagna del commodoro Troisi! Sono passate meno di ventiquattr'ore da quando la notizia è venuta fuori, ma le assicuro che in tutta San Francisco non si parla d'altro! Credo che nel giro di qualche giorno diventerà una specie d'eroe per tutti i ragazzi dell'accademia! Di certo, è già il mio. Non ho mai nutrito particolare simpatia per il commodoro. Così borioso, così pieno di sè. Gli ha dato una bella lezione. Bravo!".
Anche se piena di complimenti, la conversazione iniziava ad essere imbarazzante per me, e così preferii cambiare discorso. Oltretutto non riuscivo a credere che la notizia fosse girata tanto velocemente. "E' una storia di cui non vado fiero e che preferirei lasciarmi alle spalle, dottore".
"Ah, certo, giovanotto. La capisco, la capisco. Ma, mi dica, come mai è qui?".
Il dottore aveva fama di essere anche un pò distratto. Per questo non badai neppure a questo secondo campanello d'allarme. "Glie l'ho già detto. Appena mi conferirà il grado di guardiamarina sarò lieto di servirla come secondo, sono queste le direttive che ho avuto sulla terra".
"Ma... dev'esserci un errore, io ho un già un secondo. Il guardiamarina Camden. E lei non figura nell'organigramma dell'infermeria. E' sicuro di essere stato assegnato a me?".
"Certo... ricontrolli, dev'essersi sbagliato...".
"No, non mi sbaglio, mi dispiace. Può controllare con i suoi occhi, se preferisce".
Mi porse un d-padd, ed effettivamente il mio nome non figurava da nessuna parte.
O meglio, figurava dove non doveva: Ryo Hunt, addetto civile al bar di prora...

Bar di prora, oggi.

"...e così, eccomi quà. Ovviamente nel frattempo la nave era già partita, e a nulla sono valse le proteste al primo ufficiale. Non mi hanno neanche permesso di parlare con il capitano".
"E' una storia davvero incredibile".
"Già. Il commodoro ha parecchi amici all'ufficio assegnazioni, non dev'essergli stato difficile giocarmi questo tiro mancino!".
"Beh, è nulla rispetto a quello che tu hai fatto a lui", sorrise maliziosa la giovane deltana. "Avevo sentito questa storia quando eravamo all'imbarco su Utopia Planitia, ma non avevo idea che fossi tu il protagonista. Questo spiega anche il vivace chiacchierio che c'è sempre quando sei di turno. Mi sembrava, infatti, che troppi guardassero il bancone".
Ryo riacquistò il suo proverbiale sangue freddo, e si esibì in un inchino da provetto cameriere, con tanto di tovagliolo sul braccio destro. "Dovrai fartene una ragione Liry. Come vedi hai al tuo fianco una celebrità! Il bar andrà a gonfie vele".
Liry tornò seria. "Davvero ti va bene la situazione?".
"Sì. Diciamoci la verità... avevo avuto la possibilità di svolgere l'anno di specializzazione a bordo di questa nave soltanto per la mia amicizia col commodoro, non certo per i miei meriti accademici.
Ero passato davanti a gente più in gamba e preparata di me tramite questa scorciatoia, ed in fondo è più giusto così. Il lavoro al bar non è male, si ha molto tempo libero e si conosce tanta gente interessante. Tante ragazze sopratutto. Non avrò modo di scrivere la mia tesi come avevo programmato, ma non sarà un anno buttato, la carriera in fondo può aspettare. E poi sto tutto il giorno con una bella deltana come te, cosa posso volere di più?".
La deltana apprezzò la sincerità e la forza d'animo di quel ragazzo. Aveva ancora il coraggio di pensare alla tesi e ad una carriera nella Flotta dopo essersi fatto un nemico potente e vendicativo come il commodoro Troisi. Eppure Hunt non poteva essere così ingenuo da non sapere che come questi si era profuso per aiutarlo quando era suo amico, con la stessa tenacia si sarebbe adoperato per distruggerlo adesso che erano diventati nemici. Chiunque altro nella sua posizione avrebbe accettato il fatto che la propria carriera era terminata ancora prima di iniziare, e non avrebbe perso un attimo a dimettersi e a tornare sulla Terra per lavorare privatamente.
Ma Liry sapeva che non serviva a niente avvilirlo con quei ragionamenti, così li lascio perdere e decise di incoraggiarlo. In fondo il bel ragazzo terrestre era un compagno di bancone piacevole.
"Vedrai, avrai da divertirti. L'equipaggio non è neppure al completo. Dobbiamo ancora imbarcare personale dalla Base Stellare 876. Sei mai stato su una base ferenghi?".
"No, quando vi attraccheremo?".
"Tre giorni", Liry gli fece un occhiolino. "E ti mostrerò quanti divertimenti possono essere acquistati con pochi crediti".
Ryo sorrise. Qualunque fosse stato il suo passato, aveva ancora un futuro da costruirsi.
"Giovanotto, un raktajino".
"Subito, tenente!".

giovedì 2 luglio 2009

2371

"Ecco, forse adesso ci siamo... accensione." Borbottò l'uomo magro strizzando gli occhi e dando il comando di accensione al suo vecchio computer che comandava il proiettore olografico che avevae acquistato a pezzi e rimesso insieme con alcune modifiche, l'immagine che si formò, sebbene tremolante, lasciava intendere la bellezza della donna da cui aveva preso il modello. Un sospiro gli sfuggì, pensando a quanto era bella la sua ex... e a quanto pretenziosa e snob fosse stata mentre stavano insieme. Lei non si sarebbe mai sporcata le mani lavorando, lei doveva fare la bella vita, poco importava se il tenore di vita che lei pretendeva fosse interdetto ai più, e soprattutto ad un inventore in disgrazia come era lui. Forse era per questo che non ci aveva pensato due volte ad andarsene visto come si stavano sviluppando gli eventi... eppure era stato così sicuro di aver trovato il modo veloce di far soldi, invece era andato tutto male e i troppi debiti contratti lo avevano costretto a scappare e a rifugiarsi su quel pianeta tranquillo. Anche troppo tranquillo, a volte gli sembrava di essere in una bolla del tempo, tanto i giorni passavano lenti. Ma sarebbe riuscito a tornare in auge, ne era sicuro: il nuovo ologramma per la manutenzione delle navi avrebbe funzionato e gli avrebbero comprato il brevetto a peso di latinum. Poco importava se era bello o brutto, ma lui, per una sorta di catarsi aveva voluto darle le sembianze della sua ex, una serosiana bellissima e avida, che ora stava con un pezzo grosso di non si sapeva dove, o almeno lui non lo sapeva, visto che era scappato di notte e senza avvertire nessuno. Era andato a vivere su quel pianeta, dove una vecchia zia si era ritirata parecchio tempo prima... non pensava certo che fosse ancora viva, e invece quella vecchia ciabatta era vispa e arzilla e pretendeva di comandarlo a bacchetta. Ma almeno lo aveva accolto in casa senza fargli pagare l'affitto. Doveva solo farle delle commissioni ogni tanto... peccato che lo chiamasse a tutte le ore.
Si riscosse vedendo che l'ologramma lo stava fissando con la testa inclinata in attesa di qualcosa.
"Oh, scusa... diamine come sei bella... sembri così... vera!"
"Io so... v..a, s..nore." disse l'ologramma con voce dolce, anche se a scatti e con delle interruzioni nelle parole.
"Accidenti... aspetta, devo modificare il circuito che attiva la tua capacità di comunicare..."
"REM! REM! SMETTILA DI GIOCARE ALLO SCIENZIATO PAZZO E VIENI AD AIUTARE LA TUA VECCHIA ZIA."
"UN ATTIMO, ARRIVO! Vecchia babbiona rompiscatole, sempre nei momenti sbagliati mi chiama. Scusa bella, devo proprio andare... ma prometto che stasera metto a posto tutto... ora... devo spegnerti." le disse con un ultima occhiata di rammarico.
"Asp..ta, qu.l . i. .io n.me?"
"Ma lo sai che non ci ho ancora pensato? Dovrò trovarti una sigla... un ologramma non ha un nome, viene identificato con una sigla... ci sono, P di prototipo per iniziare, e poi... stasera te lo dico." le disse spegnendola.
"REM!" un altro urlo lo fece sussultare: la zia si stava avvicinando al magazzino dove lui stava lavorando, meglio uscire.
"Arrivo, sono qui, zietta - si costrinse a dire - cosa ti serve?" ammiccò con un sorriso falso verso la donna.