venerdì 12 giugno 2009

2371

Kalt non riusciva a dormire.
Se ne stava sdraiato a fissare le tubazioni sul soffitto della stanza.
Stanza! A dirla tutta, era un eufemismo anche solo parlare di ripostiglio: pareti anguste e rugginose, una brandina a scomparsa, un minuscolo bagno, un armadietto incassato, uno stretto ripiano, una sedia e un terminale dal video incrinato.
A intervalli irregolari sentiva le vibrazioni del turboelevatore di servizio; almeno erano un diversivo dal continuo raschiare della ventola di aereazione e poteva divertirsi a scommettere con se stesso quanti minuti sarebbero trascorsi tra un passaggio e l'altro.
Ma era tutto ciò che poteva permettersi con i pochi crediti rimasti: da quando era sbarcato dal mercantile "Spezia Fragrante" su quella vetusta stazione spaziale, il giovane ufficiale boliano non aveva ancora trovato un nuovo imbarco.
Ogni mattino standard si presentava agli uffici delle compagnie di navigazione per consultare i ruolini dei vascelli in arrivo, poi raggiungeva la darsena spaziale nella speranza di trovare un lavoro e garantirsi almeno le razioni ai replicatori pubblici.
Il giorno prima era iniziato come sempre, nessun nuovo arrivo, ma Kalt aveva trovato un piccolo lavoretto "esterno": pilotare la capsula di servizio addetta alla ricerca di microfalle sullo scafo di un cargo serosiano.
Così, a fine giornata, aveva deciso di festeggiare e con il gruzzolo guadagnato si era presentato nell'unico locale della stazione.
E proprio mentre era intento a giocarsi l'ultimo credito al tavolo del dabo (possibile che l'amata Ifni, dea della fortuna, l'avesse abbandonato in questo modo ?) era stato raggiunto dall'addetto militare di Bolarus.
L'anziano sergente maggiore gli aveva offerto una scadente birra romulana e consegnato un dpadd: Kalt era appena stato richiamato in servizio come ufficiale della Riserva.
Si trattava di una clausola siglata sei anni prima quando si era diplomato come capitano mercantile, firmata e poi dimenticata: ora una nave scuola della Federazione era prevista in arrivo alla stazione da li a poche ore e lui avrebbe dovuto presentarsi al tunnel d'imbarco come ufficiale di collegamento.
Kalt non sapeva se essere felice dell'opportunità di lasciare quel oscuro buco in fondo al quadrante Alfa o se tentare la sorte disertando e imbarcandosi come clandestino sul primo cargo in transito.
Un'altra scommessa nella sua vita.
Lanciò per aria quell'ultimo credito che stringeva ancora nel pugno: per usare un'espressione umana, "testa o croce"?
Testa! E che Federazione fosse allora.
Kalt, sdraiato nel suo loculo attendeva ora, più inquieto che mai, il nuovo mattino.

giovedì 11 giugno 2009

Scusate il ritardo

San Francisco, Terra.
Accademia della Flotta Stellare, Alloggi dei cadetti

Quando il trillo del comunicatore svegliò il cadetto Ryo Hunt sotto di lui c'era un letto sconosciuto ed intorno penombra e un vago ma familiare senso di profumo. Per un attimo fece fatica ad associare il profumo alla ragazza che giaceva al suo fianco e la ragazza al posto in cui si trovava. Recuperò la memoria con lo stesso senso di fastidio con cui mise fine al suono emesso dall'apparecchio elettronico sul comodino.
"Qui Hunt".
Dall'altra parte una voce di donna. "Ryo sono Monica. Sei sveglio?".
"Sì". La sua voce impastata smentiva il senso di quel monosillabo. "Che c'è?".
"Ho assolutamente bisogno di dirti una cosa".
Ryo si alzò facendo attenzione a non disturbare la giovane donna che ancora dormiva al suo fianco, attraversò tutto l'alloggio e sedette davanti al monitor del computer. Lo accese e subito apparve il viso di una ragazza in lacrime. Aveva gli occhi azzurri come il cielo, incorniciati da un caschetto di capelli bruni.
Ryo la guardò con occhi ancora assonnati. Provava, senza motivo, un leggero senso di disagio. Oppure il motivo c'era, e stava per scoprirlo. "Dimmi, Monica".
"Glie l'ho detto, Ryo. Gli ho detto tutto".
Quelle parole fecero scattare in lui un campanello d'allarme. Sperò per un istante che quelle parole fossero nient'altro che un espediente, una disperata ricerca di una reazione che fosse frutto della stessa emozione. Non poteva credere che quella ragazza fosse così incosciente.
"Hai detto che cosa a chi?".
"Di noi. A Massimo".
In quel momento Ryo vide una lacrima solcare il viso della donna e qualcosa che le si muoveva dietro e che ne accentuava il tremore. Lei continuò.
"Non hai nulla da dire?".
Il silenzio che ebbe come risposta fu un poco più lungo e molto più esplicito. "L'unica cosa che posso dire è che hai fatto una grossa stupidaggine, davvero".
"Non ce la facevo più ad andare avanti così. Io ti amo, Ryo. E anche tu hai detto che mi amavi...".
"In certi momenti si dicono tante cose. Alcune appartengono alla realtà, altre alla finzione. Mi dispiace che tu non abbia capito quali appartenevano all'una e quali all'altra".
"Ryo, io...".
Monica si interruppe per rifugiarsi nel silenzio e nel pianto. Subito dopo sullo schermo subentrò la figura di un uomo. Indossava la divisa della Flotta Stellare, e Ryo non ebbe bisogno di controllare i gradi che esibiva sul colletto per sapere di chi si trattava.
"Ryo! Bella giornata, vero?".
"Sai benissimo che non lo sarà".
"Lo spero per te. E spero che tu sappia provare ancora un briciolo di vergogna per trovare pessima questa e altre giornate che verranno. Per molto tempo".
L'uomo si concesse una pausa per stirarsi la divisa con un gesto delle mani.
"Ho voluto questa piccola ed ignobile conversazione solo perchè Monica si rendesse conto di che razza di uomo sei e per chi ha buttato alle ortiche la sua carriera".
"Non credo serva a molto dirti che mi dispiace".
"Temo proprio di no".
"Allora non penso ci sia altro da dire".
"No, al contrario. Ci sarebbe molto da dire. Ma non sono sicuro che valga la pena di investire altro tempo ed altre parole in un discorso con uno come te".
Ryo chiuse gli occhi, e nonostante ciò continuò a vedere stagliarsi nitida davanti a sè la figura dell'uomo con cui stava parlando. Massimo Troisi, pluridecorato commodoro della Flotta Stellare in odore di promozione e, si vociferava, con un passato da protagonista nella Sezione 31. Bello, alto e forte nonostante i suoi cinquantasei anni.
"La cosa finisce qui solo per un motivo. Una volta mi hai salvato la vita. Ora io ti restituisco il favore. Siamo pari". Altra pausa. "Non ti auguro del male. Qualunque cosa ti augurassi sarebbe ben poca cosa rispetto a quello che riuscirai a farti da solo. Commodoro Troisi, chiudo".
Lo schermo si spense ed il giovane Ryo sembrò accorgersi soltanto in quel momento che una parte della sua vita era finita.
Aveva conosciuto il commodoro Troisi poco più di quattro anni prima quando, neolaureato, esercitava la professione medica in un piccolo studio dall'altra parte del continente, a New York. Il commodoro era rimasto coinvolto suo malgrado in una rissa che ebbe come scenario uno dei tanti bar che Ryo era solito frequentare. I bene informati sostenevano che il commodoro fosse in missione alla ricerca di prove che inchiodassero ufficiali della flotta sospettati di passare informazioni ai maquis, e che la sua copertura fosse saltata. Qualunque fosse la verità, il commodoro si era ritrovato con una gamba rotta e l'arteria femorale recisa. Ryo, insieme ad altri uomini, intervenne per sedare la rissa e, pur non avendo strumenti con se, prese la decisione di operare per fermare l'emorragia. I medici della Flotta Stellare che ebbero in cura il commodoro dissero che senza quell'intervento tempestivo avrebbe potuto non farcela.
E così, una settimana dopo, Ryo era stato convocato nel suo ufficio a San Francisco.
Al suo ingresso il commodoro aveva sollevato lo sguardo dal d-padd su cui stava lavorando e gli aveva parlato come se si conoscessero da sempre.
"Sei stato in gamba, ragazzo".
Ryo aveva vinto a fatica l'imbarazzo che provava ogni volta di fronte ai complimenti, a parte quelli che si faceva da solo.
"Ci provo. A volte ci riesco".
"Bene. E' quello che ho sempre fatto anch'io. La flotta stellare ha bisogno di uomini in gamba come te. Cosa ne diresti di prestare servizio a bordo di una delle nostre navi stellari?".
Nonostante avesse conseguito durante gli studi il brevetto di pilota di primo grado, Ryo non aveva mai seriamente preso in considerazione la possibilità di unirsi alla Flotta. Eppure, ora che gli si presentava la possibilità di dare una tale svolta alla sua vita, senza riflettere troppo Ryo aveva accettato, e si era ritrovato a frequentare l'accademia.
Tutto era andato bene per tre anni, finché nella vita del suo mentore non era entrata dalla porta principale la giovane, bellissima ed impulsiva Monica Cooper. Quando gli occhi di quella ragazza si erano posati su di lui per la prima volta, Ryo aveva sentito subito odore di guai.
Sei mesi dopo, Monica si era presentata a sorpresa nel suo alloggio...
Ryo cacciò via i ricordi con un sospiro. Qualunque cosa avessero rappresentato per lui Massimo Troisi e la sua sprovveduta compagna, adesso appartenevano al passato.
Intanto la legittima proprietaria dell'alloggio in cui si trovava adesso rotolò tra le lenzuola cercando, istintivamente, di abbracciare il corpo maschile che era sicura di trovare al suo fianco. Non trovandolo si svegliò, massaggiandosi con delicatezza gli occhi ancora appannati dal sonno.
Ryo aveva lentamente indossato i suoi abiti civili, e adesso stava raccogliendo l'uniforme e parte della sua roba in una piccola valigia, quando si accorse che la donna si era alzata ed era ormai alle sue spalle.
"Mmh... ma che ore sono?"
"Torna a dormire se vuoi, Monica. Sono appena le sei del mattino", sorrise.
"Come mi hai chiamata?".
Lo sguardo di Ryo divenne smarrito, sotto quello indagatore della donna. "Ehm... Miriam?"
"Miriam?! Monica?! Sveglia, caro! Io sono Liz, Elizabeth. Ricordi?"
"Ah... Elizabeth! Ma certo!", affermò meccanicamente, esibendo fin troppo entusiasmo.
Quella si ridistese con un sospiro rassegnato, appoggiando la testa sul cuscino in modo da poter comunque guardare il ragazzo davanti a lei, indaffarato a chiudere la sua piccola valigia.
"Lo sai che sei davvero un tipo strano? Un bel tipo, certo. Ma strano". Attese. Come
prevedeva non ebbe nessuna risposta, quindi proseguì. "Sapevo che avevi soltanto voglia di portarmi a letto, ti si leggeva in faccia ieri sera. Hai intenzione di non parlarmi più?". Ancora
nessuna risposta. "Fa niente... tanto neanch'io ricordo più come ti chiami, ormai. Ricky?"
"No. Ryo".
"E cosa fai già in piedi alle sei, Ryo?".
"Oggi inizia il mio anno di specializzazione. Ho chiesto ed ottenuto, grazie al commodoro Troisi, di effettuarlo a bordo di una nave stellare con il grado di guardiamarina. Dovrei essere l'ufficiale medico in seconda. Nel primo pomeriggio c'è l'imbarco, e ancora non conosco il nome della nave su cui dovrò prestare servizio. Dovrò recarmi all'ufficio assegnazioni della Flotta per scoprirlo".
La ragazza rispose con un ennesimo sospiro. Ryo nel frattempo si era avvicinato alla porta che dava all'esterno, aprendola.
"Torna pure a dormire Liz, mi farò vivo molto presto".
"Non lo farai...". Concluse quella voltandosi in modo da dargli le spalle, dando l'impressione di voler semplicemente tornare a dormire.
Hunt strinse le labbra e chiuse la porta dietro di sé.
Lo aspettavano strani, nuovi mondi, frontiere sconosciute e straordinarie avventure.
Il futuro stava per cominciare.

lunedì 1 giugno 2009

Il viaggio segreto della Uss Fortuna

"C'era un gran rumore negli universi. Generazioni di stelle nascevano e morivano sotto lo sguardo di telescopi assuefatti, fortune elettromagnetiche venivano dissipate in un attimo, sorgevano imperi d'elio e svanivano civilta' molecolari, gang di gas sovreccitati seminavano il panico, le galassie fuggivano rombando dal loro luogo d'origine, i buchi neri tracannavano energia e da bolle frattali nascevano universi dissidenti, ognuno con una legislazione fisica autonoma." (Stefano Benni, Elianto)


I sistemi del supporto vitale smisero di funzionare quasi contemporaneamente.
Schermi e campi di integrita' strutturale si disattivarono.
Il computer centrale esegui' un brutale shut-down senza riuscire a completare le procedure di recovery dei dati.
Infine, con l'esaurirsi dell'ultima batteria ausiliaria, l'astronave divenne un sofisticato ed inutile hardware alla deriva: relitto che roteava in un immenso oceano vuoto.
Niente gravita', luce, calore e atmosfera respirabile: le persone a bordo trattennero il respiro per un inconsapevole riflesso e si scambiarono sguardi terrorizzati.
Qualcuno chiuse la visiera ed accese le luci del casco spaziale, altri, piu' semplicemente, si misero a piangere. Il medico di bordo, su autorizzazione del capitano, inizio' a distribuire una compressa di "tranquillante" color rosso carminio...

Una settimana prima - Comando della Flotta Stellare
Un mattino scintillante di gennaio.
L'aria della citta' che si affacciava sulla baia di San Francisco era gelida, ma almeno il vento di terra aveva spazzato il cielo e con lo sguardo si poteva vedere l'oceano livido oltre i rossi pilastri "del ponte".
Un anziano capitano della Flotta stellare si stava recando al Quartier Generale per ricevere gli ordini di missione. - Personalmente e im-me-dia-ta-men-te! - cosi' aveva scandito l'ammiraglio nel messaggio video.
In se, tale procedura, consueta per le unita' operative, era invece abbastanza anomala, almeno per un obsoleto vascello per le rÏcerche astronomiche come la Uss Fortuna e questo aumentava la curiosita' dell'ufficiale.
- ... e vi recherete fino all'unico pianeta del sistema per sganciare le boe con i sensori, il radiofaro ed un modulo orbitale di controllo. Sbarcherete i vostri passeggeri e rientrerete alla base stellare 103.
E "soprattutto", capitano Winter, nessuna domanda. Dopotutto la deviazione di rotta non vi costera' piu' di due giorni sul piano di navigazione previsto...-

Uss Fortuna, vascello esplorativo declassato a nave scuola e piattaforma per ricerche astrofisiche - dalle parti della nebulosa del Granchio
Una nave e' come un piccolo paese, tutti si conoscono e i segreti non hanno vita lunga.
Cosi' la presenza dell'equipe "scientifica" che la Uss Fortuna stava trasportando verso una destinazione "non meglio specificata" aveva innalzato il livello delle "voci di corridoio".
I nuovi arrivati pero' non avevano fraternizzato con l'equipaggio, con i cadetti e con i ricercatori di bordo, limitandosi a lavorare nella stiva di carico per mettere a punto gli strumenti della spedizione, mangiando i pasti in un orario riservato in sala mensa e passando il restante tempo libero chiusi nei rispettivi alloggi.
Solo la terza sera di viaggio il capitano Winter aveva potuto scambiare due parole in tono "informale" con la persona responsabile della spedizione.
La donna se ne stava in silenzio, a braccia conserte, ad osservare oltre la vetrata panoramica della sala di osservazione.
- Capitano, resti pure!
- Non vorrei disturbarla, anch'io vengo ogni tanto qui quando voglio riflettere da solo.
- Gia', e' molto ... tranquillo...
Poco dopo, interrompendo l'imbarazzante silenzio che aveva seguito il primo scambio di parole: - Dottoressa Norton, c'e' qualcosa che posso fare per lei o per il suo team?
- No, e' sufficiente che limiti la curiosita' dell'equipaggio per altre dodici ore.
- D'accordo, sollecitero' un maggiore rispetto per la vostra "privacy". - replico' in tono piccato il capitano Winter.
- Non volevo essere scortese capitano, ma e' meglio per tutti, mi creda: domani arriveremo a destinazione, posizioneremo in orbita il materiale e le installazioni e potrete riprendere la vostra regolare missione.
- Le vorrei chiedere una sola cosa. Uno dei suoi ha acceduto al software che gestisce i diari di bordo della nave.
L'espressione della donna non tradi' alcuna emozione: - Mmmmh di solito e' una procedura che non viene rilevata. Ma le assicuro che non si tratta di sabotaggio; semplicemente verra' cancellata qualsiasi traccia di questi ultimi tre giorni di viaggio. E' lo standard...
- E per quanto riguarda i ricordi personali, come farete?
La risata della donna risulto' piu' inquietante che divertita: - Vi verra' fornita una piccola pillola azzurra...

Un sistema senza nome, sigla del catalogo stellare NGC 0315A -
La Uss Fortuna era entrata in orbita standard attorno all'unico pianeta di un remoto sistema ternario.
Il mondo sottostante era un gigante gassoso che rifletteva di luce azzurra sulla banda dei principali elementi che ne componevano l'atmosfera; probabilmente si trattava di un vagabondo dello spazio catturato dalla gravita' della stella principale e che, per una rarissima combinazione, si era stabilizzato nell'unico punto lagrangiano del sistema.
L'immagine di enormi tempeste secolari e di fulmini su scala planetaria, riempiva lo schermo principale della plancia di comando mentre la voce pacata del capitano dava il via alle operazioni: - Iniziate la sequenza di sganciamento delle boe. Al mio segnale... ora!
Le consolle tracciavano il posizionamento della serie di satelliti mano a mano che questi si dispiegavano in orbita alta attivando i loro transponder.
Dalla stiva, il posto eletto a sala operativa dall'equipe scientifica, giungevano puntuali le conferme che permettevano all'ufficiale addetto alle operazioni di effettuare il teletrasporto della boa successiva.
- Capitano... - un giovane guardiamarina interruppe il silenzio che regnava in plancia - ... perche' cosi' tante piattaforme orbitali? Dico, se si trattasse di una semplice copertura della superficie planetaria ne basterebbero di meno... -
Alcune teste annuirono come per confermare un'opinione comune.
L'ufficiale in comando giro' lentamente lo sguardo, come per esaminare che nessun'altro potesse ascoltare la sua risposta: - Infatti i loro sensori non sono puntati verso il pianeta... ma adesso basta con le speculazioni: abbiamo un lavoro da fare e prima lo eseguiamo e prima ce ne andremo da questo sistema! - aggiunse poi a bassa voce - Non so voi, ma tutta questa faccenda, questo posto mi sta trasmettendo i brividi...

In orbita attorno al pianeta
Il modulo orbitale di controllo era costituito da una serie di cilindri pressurizzati e dotati di boccaporti d'aggancio.
In pratica si trattava di una struttura complessa (laboratorio, centro comando, nucleo del reattore a fusione, componenti abitative e centro servizi) che andava posizionata e assemblata direttamente alla quota prestabilita.
La parte difficile dell'operazione era proprio questa: rimorchiare uno ad uno i cilindri fuori dall'hangar di bordo, tramite il raggio traente di una navetta e quindi, una volta raggiunta l'orbita polare, montare la struttura completa.
Quest'ultima fase dell'operazione veniva eseguita direttamente dai membri del team della dottoressa Norton che utilizzavano per questo alcuni esoscheletri dotati di piccoli razzi direzionali e di braccia servomeccaniche.
L'efficenza dei "supposti" scienziati aveva ben presto stupito l'equipaggio della Fortuna: in meno di sette ore la struttura primaria era stata connessa ed attivata.
Senza indugi i membri del team iniziarono quindi ad attivare i sistemi di bordo e a trasferire materiale tecnicno ed effetti personali: in meno di un'ora le luci del modulo orbitale indicavano la sua piena operativita'...

Uss Fortuna, dalla finestra panoramica dell'alloggio del capitano
- Capitano, vorrei ringraziare lei ed il suo equipaggio per l'assistenza e l'ospitalita'.
La frase di rito, pronunciata in tono cosi' formale da sembrare ironico, infastidi' l'anziano ufficiale: aveva invitato a colazione la dottoressa Norton per poterla congedare in maniera consona alle tradizioni antiche della marineria terrestre che ancora ispiravano la Flotta Stellare.
Cortesia, ma anche la presunzione di poter aprire un benche' minimo spiraglio nella riservatezza della donna.
Sta di fatto che ne la tavola imbandita con cura, ne il pasto cucinato appositamente, ne il vino della riserva del capitano, avevano aperto una breccia nella dura corazza della donna.
- Dottoressa, non mi resta che augurarle...
Il suono dell'interfono impedi' a Kalt Winter di concludere la frase: - Capitano, abbiamo un problema: dovrebbe venire in plancia, possibilmente con la sua "ospite".
Istintivamente l'ufficiale e la dottoressa volsero lo sguardo alla finestra panoramica dell'alloggio e cio' che videro giustificava pienamente l'interruzione del loro pranzo.
Pochi passi li separavano in realta' dal ponte di comando della nave: nel breve tempo in cui i due raggiunsero la plancia, sullo schermo principale veniva gia' proiettato un diagramma tattico del sistema: le tre stelle (una gigante bruna e due piccole stelle nane rosse - era un sistema "antico"), il pianeta gassoso e una vasta zona colorata in blu, un grande campo d'asteroidi.
Ed era proprio quest'ultimo che, spazzato via da una improvvisa marea gravitazionale, stava per abbattersi sull'orbita del pianeta come uno tsunami di polvere stellare, detriti ghiacciati e gigantesche rocce...

Uss Fortuna, plancia
- Quanto tempo abbiamo?
- Minuti! - rispose l'ufficiale di guardia impostando freneticamente le istruzioni di calcolo alla consolle - sette, anzi sei minuti all'impatto!
- Ma cosa... com'e' possibile non prevedere un fenomeno di questa portata?
La domanda del capitano esprimeva perplessita' e non sfiducia nell'operato dei suoi uomini.
- Signore, dall'analisi dei dati a nostra disposizione sembrerebbe che una sequenza di minuscoli buchi neri sia comparsa nel sistema. - continuo' il giovane tenente cercando di scusarsi - era impossibile anche solo immaginare un fenomeno del genere e una pioggia meteorica di questa portata...
Intervenne la dottoressa: - Notizie del mio team?
- Per il momento sono sul modulo orbitale, ma abbiamo il tempo di teletrasportarli a bordo della Fortuna e posizionarci sul lato opposto del pianeta: con la sua massa dovrebbe fornirci una schermatura sufficiente.
- Cosi' perderemo tutta la nostra attrezzatura! Dobbiamo restare per proteggere gli strumenti!
- Mettendo pero' a rischio la nave e tutto il suo equipaggio? Dottoressa, francamente non mi sembra una opzione praticabile... - il capitano Winter si volto' per ordinare l'evacuazione della piccola stazione di controllo orbitale; un ordine che non riusci' mai a dare...

Il colpo di mano
- In virtu' dell'ottava direttiva generale della Flotta Stellare, alle ore 14.00 della data odierna, io ammiraglio Paula Norton, assumo il comando della Uss Fortuna. Timoniere, diriga la nave verso il modulo orbitale e lo affianchi il piu' vicino possibile. Ufficiale alle operazioni, inizi un riposizionamento d'emergenza delle boe gia' sganciate! Attiveremo gli scudi della nave alla massima estensione e all'ultimo minuto possibile.
Lo stupore percorse la plancia, gli occhi di tutti passarono dalla dottoressa Norton al capitano Winter e di nuovo alla dottoressa e al tesserino militare che stava mostrando.
- L'ottava...?
Fu un giovane cadetto vulcaniano a rompere l'impasse della situazione: - Ottava direttiva generale: il personale della Flotta Stellare e' obbligato a investigare ogni caso di sospetto spionaggio, sabotaggio e atto terroristico contro la Federazione ed i suoi alleati ...
-... in pratica - lo interruppe infastidito il capitano - gli ufficiali del controspionaggio hanno l'autorita' di cancellare una missione di routine ed assumerne il comando. -. Urgeva una decisione, Kalt lo sapeva e non indugio' oltre: - Signori, avete sentito l'ammiraglio: abbiamo un lavoro da fare. - e poi rivolgendosi direttamente al superiore - Signora, annotero' le mie obiezioni ai suoi ordini nel diario di bordo.
- Faccia come crede capitano, l'unica cosa che importa e' che da adesso in poi il suo equipaggio mi ubbidisca...


Un vascello occultato
I propulsori direzionali della Uss Fortuna stavano iniziando a dare segni di surriscaldamento.
Da ore infatti mantenevano la nave ed il modulo orbitale a rimorchio, in orbita attorno al pianeta.
Navigare in mezzo ad una tempesta meteorica era infatti fuori discussione se si voleva salvare il laboratorio e allora solo l'efficienza degli scudi si frapponeva tra la mortale "sassaiola" e la vita degli equipaggi.
Il team della dottoressa, anzi, dell'ammiraglio Norton aveva continuato ad eseguire scansioni del sistema per ricercare le cause del fenomeno: - Sospettiamo che una forza ostile stia sperimentando un nuovo tipo di arma di distruzione planetaria; in teoria l'attivazione controllata di un certo numero di minuscole singolarita' e' in grado di deformare il tessuto spazio-temporale e di generare una tempesta di immani proporzioni. Guardate l'atmosfera del pianeta sottostante come sia sconvolta dagli impatti meteorici ed immaginate al suo posto la Terra, o Bajor...
- Signora, una comunicazione dal laboratorio orbitale.
- Ammiraglio, ci siamo! L'ultima boa ancora attiva ha appena rivelato un vascello in occultamento nel sistema.
- Rilevare un vascello in quella situazione? Nessun sistema di difesa sarebbe in grado di individuare una nave tra tutti quei detriti, figuriamoci se occultata!
- Mi dispiace capitano, ma l'argomento e' top secret: dimenticate quello che avete sentito. - e poi rivolgendosi al personale del laboratorio - Preparatevi ad abbandonare la vostra postazione. Adesso, capitano Winter, dovremo lanciare l'ultima sonda che e' rimasta nella stiva di carico.
- Ho il sospetto che non sia un pacifico strumento di rilevazione... non dica nulla, ammiraglio, anche questo e' top secret...


L'onda di ritorno
- "Sonda" partita ed in rotta!
- Non ci resta che aspettare...
- Si, ma cosa?
- Si tratta di annullare la pulsazione in sequenza delle singolarita', di fermare il motore della macchina generatrice di tempeste stellari.
- Comportera' un rischio per noi? Le ricordo che siamo in una situazione piuttosto scomoda.
La donna si strinse nelle spalle senza rispondere.
- Cinque secondi all'attivazione, quattro, tre, due....
- Non ho ritorno dalla boa di rilevazione! No, ecco... le singolarita' sono state annichilite. Ammiraglio, ce l'abbiamo fatta! - l'equipaggio della Fortuna e il team dell'ammiraglio esultarono all'unisono e la voce dell'operatore venne coperta per qualche secondo - ...vo fronte isolitico in arrivo e una possibile lacerazione del tessuto spazio temporale...


L'unica decisione possibile
La battaglia nel settore "dei Rovi" tra l'Enterprise del comandante Riker e le navi dei Son'a era ormai materia d'insegnamento fin dal primo anno dell'Accademia: uno dei punti salienti era dato dal fatto che una lacerazione del tessuto subspaziale causata da armi isolitiche poteva venire richiusa con la deflagrazione del nucleo di curvatura di una nave stellare.
- Ma, tra la teoria e la pratica... - penso' il capitano Winter - ...c'e' una grande distanza. Tenente, inizi il teletrasporto del team dal laboratorio orbitale. Sala macchine, qui il capitano: preparatevi all'espulsione del nucleo di curvatura. Timoniere, imposti una rotta suborbitale: metteremo il pianeta tra noi e l'esplosione.
Tutti sapevano cosa significava quell'ordine: anche ammesso che la lacerazione si fosse sigillata e che la nave fosse sopravvissuta all'esplosione, si sarebbero trovati improvvisamente isolati nel sistema, a decine d'anni luce da qualsiasi soccorso.
- Capitano, verrano a certamente a salvarci, non e' vero? - la voce del cadetto tradiva la speranza che era di tutti.
- Temo di no. Questa volta dovremo cavarcela da soli: dubito che la Flotta Stellare sappia la nostra esatta locazione in questo momento: procedura standard. Dico bene ammiraglio?
- Capitano, la prego di portare a termine quello che va fatto e di dare disposizione per sganciare le boe con le registrazioni degli ultimi avvenimenti. A questo punto la cosa importante e' di far avere ai "Servizi" l'esito delle nostre "ricerche". Per quel che vale le rilascio il comando della nave.
- Grazie ammiraglio. Sala macchine, sganciare il nucleo di curvatura, ora! Timoniere, massima velocita' d'impulso...


Una nave alla deriva
La Fortuna era sopravvissuta.
A dispetto delle poche possibilita' di uscirne, l'antiquata astronave non era stata disintegrata dall'immensa esplosione quando la materia e l'antimateria del nucleo erano venute a contatto.
Ora galleggiava nello spazio, le luci di navigazione spente, senza energia, propulsione, supporto vitale...
- Capitano, questa volta e' brutta.
La voce del primo ufficiale arrivava negli auricolari del casco lievemente distorta, con i toni piu' acuti del solito.
- Speranza di riattivare almento le comunicazioni interne?
- Nossignore, possiamo solo creare "ponti radio" con le trasmittenti dei nostri caschi.
Un suono cupo rimbombo' in plancia.
- E questo cos'...
- Direi che abbiamo urtato contro un detrito.
Muovendosi a fatica Kalt Winter raggiunse uno degli oblo' e si afferro' al bordo per osservare l'esterno: vide cosi' l'origine del rumore.
- Che mi venga un... E' il relitto del laboratorio.
- Il raggio traente ha funzionato fino all'ultimo e ce la siamo trascinata dietro come un cagnolino con il guinzaglio... non sembra in ottime condizioni, pero'.
- Mai dire: quando ci sono i "Servizi" di mezzo, le sorprese non mancano.
- Gia', immagino... guardi capitano - disse l'ufficiale che aveva raggiunto l'oblo' d'osservazione - quelli non sono pannelli solari? Alcune celle sono fuse, ma quelle sul lato di dritta sembrano integre.
- Comandante, trovi un paio di volontari: credo che sia il momento di una piccola escursione extraveicolare...E, ammiraglio, la pregherei di comunicare ufficialmente ai suoi uomini che l'emergenza e' finita e che riprendo il comando della mia nave. Da questo momento in poi dovremo dimostrare spirito di sacrificio, adattabilita' e altruismo. Uniti sopravviveremo!


Spazio, ultima frontiera...
Il radiofaro d'emergenza della Uss Fortuna venne captato da un mercantile tellarite sei mesi dopo: grande fu lo stupore del suo capitano e dell'equipaggio intero quando arrivarono a distanza sufficiente per vedere con i sensori ottici una vecchia astronave della Federazione che arrancava ad un decimo di velocita' d'impulso nel bel mezzo del nulla interstellare.
Lo scafo ammaccato e abbrustolito, alcune piastre mancanti, segni visibili di riparazioni temporanee e certo non "standard" per i criteri della Flotta Stellre.
- Buongiorno, qui e' la Uss Fortuna, felici di vedervi.
- Ehm Fortuna, qui il cargo "Last Chance": avete bisogno d'assistenza?
- Ve ne saremmo grati: la radio subspaziale e' fuori uso, siamo a corto d'acqua ed i replicatori alimentari funzionano al minimo. Detto tra noi qualcuno dell'equipaggio arriverebbe a vendere la madre per una doccia, un panino con la mortadella ed un caffe' bollente.
- Ricevuto Fortuna, stiamo contattando la Flotta Stellare per farvi inviare una nave soccorso. Nel frattempo preparatevi a ricevere un container di razioni alimentari e qualche extra, con gli omaggi del capitano.
- Grazie "Last Chance", un giro di birra romulana pagata per quando ci rincontreremo in tempi migliori...
- Per il nostro diario di bordo, potete dirci cosa e' successo?
- Oh! - rispose il capitano Winter strizzando l'occhio ad uno stizzito ammiraglio dei servizi segreti, sorpreso nell'atto di sorbire le ultime gocce di the alle erbe boliano - Un piccolo contrattempo che ha animato una crociera di routine. E che abbiamo risolto con un tiro di dadi fortunato in una situazione non molto favorevole.

... questi sono i viaggi dell'astronave Fortuna...